Nuvole in medio oriente
di Olga Riva Rovaglio

Il racconto della domenica è a cura della scuola di scrittura creativa Edizioni del Cavedio coordinata da Fiorenzo Croci.
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«Con la costruzione del muro non possiamo più accedere ai nostri terreni. Tutto quello che avevamo ci è stato rubato. Piangiamo, ma nessuno vede le nostre lacrime» dice l’uomo intervistato. Il microfono torna alla giornalista, che spiega: «Iniziata nel 2002, la barriera che separa Israele e Cisgiordania è lunga 570 Km ed è stata costruita quasi interamente sulle terre palestinesi».
Khaled ripensa alla sua infanzia, e incide il cartoncino. Agli oliveti del nonno, e cambia direzione alla lama. Al kanafeh* della mamma, e fa l’ultima rifinitura: una sagoma emerge dal niente.
Anche la sua famiglia aveva subito l’esproprio della casa. Da quel momento tutto era cambiato: i genitori erano emigrati al nord, suo fratello si era stabilito in Grecia e lui si era trasferito nel quartiere arabo a Gerusalemme. Non li aveva più rivisti, solo qualche telefonata.
L’appartamento che condivide con Hassad, è ricavato in un vecchio capannone industriale. Entrambi appassionati di street art, hanno creato un laboratorio, un alveare di lamiere in cui nutrire le proprie idee. L’area è diventata un punto di riferimento per altri writers a cui piace sperimentare.
Il suo ulivo di carta è lì, disteso, riposa. Ma al posto delle olive ha intagliato delle bombe. Khaled guarda la sua creazione con un misto di apprensione e adrenalina. E’ la sera giusta. Non vede l’ora di vederla abbracciare la parete. Si preparano, il furgone viene stipato di secchi di vernice, bombolette, rulli… Sulla barriera ci sono telecamere e mitragliatrici controllate da soldati nelle torri di controllo ogni pochi metri. Tutto si gioca su chi è più veloce: l’artista o i soldati. Hassad e Khaled si arrampicano su una porzione di muro sgombra. La telecamera si gira verso di loro, inizia il conto alla rovescia. Assemblano lo stencil e lo incollano. Compaiono dei poliziotti in lontananza. Khaled spruzza la bomboletta del nero sugli “ordigni”. I soldati sono già a cento metri da loro. Un’ultima spolverata di verde alle “foglie” e poi la scala scompare nel veicolo, che sgomma verso il buio delle case assonnate, tallonato dalla camionetta mimetica.
Quando sono sicuri di non essere più seguiti, si fermano. Arrivano allo skate park, rifugio di artisti e sbandati. Aprono il portellone con gli occhi accesi, sono euforici. L’alba proietta le loro ombre sulla strada e le nuvole corrono veloci, svegliate dalla luce solare. Khaled guarda in alto. Quelle forme astratte sono la sua fonte di ispirazione, la loro libertà trascende ogni confine.
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*dolce palestinese simile al cheese cake
Racconto di Olga Riva Rovaglio, illustrazione di Silvia Gabardi
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