“Ogni giorno puliamo e disinfettiamo: con l’angoscia nel cuore”
Pedine importanti della complessa macchina ospedaliera, Raquel e Anna raccontano come il Covid abbia stravolto il lavoro di addette alle pulizie

Non solo personale medici o infermieri. L’epidemia del coronavirus ha travolto tutti coloro che lavorano in ospedale. Nelle corsie, in pronto soccorso, nelle sale chirurgiche lavorano quotidianamente anche addetti alle pulizie. Personale incaricato di assicurare pulito e igiene negli ambienti di ricovero.
La tempesta Covid 19 ha travolto anche loro: « Lavoro in ospedale da trent’anni – spiega Anna ( nome di fantasia) una dipendente del Circolo da oltre 30 anni – ma da quando è iniziata questa situazione è tutto molto più difficile. Solo i tempi per vestirsi e svestirsi sono diventati più lunghi. Impieghiamo circa un quarto d’ora a indossare tutte le protezioni. Massima attenzione, poi, quando dobbiamo toglierci tutto: occorre stare ben attenti a seguire il giusto procedimento per evitare contatto con parti infette».
A stravolgere davvero la quotidianità è il clima all’interno degli ospedali: « Si avverte la tensione – commenta Raquel, da 19 anni addetta alla pulizia del reparto di terapia intensiva – non si possono scambiare due chiacchiere con gli altri perché siamo infagottati negli abiti di protezione. Fa caldo, sotto a quelle tute. molto caldo. Poi la tensione, il ritmo di lavoro, la paura di questo virus così contagioso».
Anna lavora nella zona rossa al pronto soccorso: « Il lavoro diventa più intenso perché occorre pulire bene bene e disinfettare con la candeggina. Se, poi, si deve sanificare, vanno passati i muri, gli armadi, il letto con la candeggina, e tutto ciò che c’è nella stanza per renderla perfettamente sterile».
Le due dipendenti hanno turni quotidiani, ogni mattina lavorano al fianco degli operatori sanitari e di fianco ai pazienti: « Sono abitata a vedere pazienti intubati – commenta Raquel – ma è molto diverso vederli in quei letti ora. Alcuni sono svegli, ti guardano e tu cerchi di dare loro un po’ di conforto. Hanno bisogno di non sentirsi soli. Hanno paura e si affidano a chi sta loro intorno. L’altro giorno hanno fatto una videochiamata ai famigliari di un paziente. È stato un momento davvero toccante e mi sono venute le lacrime».

Paura si legge negli occhi di chi arriva in pronto soccorso e passa dal triage covid ed entra nella zona rossa: « Arrivano spaventati e spaesati. E tu ti porti a casa questa angoscia continua» commenta Anna che anche a casa adotta molte precauzioni per evitare di portare in casa quel dannato virus e infettare suo marito e suo figlio.

Raquel si affida agli ansiolitici per sostenere l’intensità emotiva del suo lavoro in terapia intensiva: « A casa sono attentissima a tutto. Mio marito è un OSS impegnato nel reparto di subintensiva. Abbiamo due gemelle di 12 anni. Sono la mia carica: ho bisogno del loro affetto e delle loro coccole: sono la mia carica per affrontare un’emergenza che non eravamo proprio preparati ad affrontare».
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