Lettera dalla solitudine
Scrivo a te che hai lasciato la vita in solitudine, senza un abbraccio e senza un fiore e che ti dicesse quanto ti ho voluto bene. Di Fernando De Maria

Scrivo a te che hai lasciato la vita in solitudine, senza un abbraccio e senza un fiore e che ti dicesse quanto ti ho voluto bene. Eri tutto per me. Mi hanno detto che cercavi lo sguardo dei medici oltre le mascherine, chiedendoti dove fossero i tuoi cari o, almeno, un amico che ti stringesse la mano. Eri sola: per la prima volta eri sola a combattere la tua battaglia. Stordita dalla febbre pensavi che fosse un sogno. Tutto era irreale…anche il tacito andirivieni di gente senza volto. Ansimavi, cercando con le poche forze rimaste di risvegliarti da un incubo che sovrastava ogni tua volontà. E allora, mentre tutti si muovevano silenziosamente da un lenzuolo all’altro e da una mascherina all’altra, comprendevi che il tuo tempo era finito. Soltanto allora ti sei arresa al ricordo; alla gioia dei momenti felici e al nostro amore. Nel momento più triste hai richiamato le cose belle rammentando le parole, gli sguardi, i sorrisi e le corse a perdifiato dei bambini in giardino. Forse, hai rivissuto il nostro primo incontro e la prima volta che ti strinsi la mano. Volevamo vivere ed amarci ancora: ma non sarà così ciò che rattrista più di ogni altra cosa e la tetra visione dei mezzi militari che ti hanno portato lontano: senza di me e senza quel fiore bianco che, fino all’ultimo, ti avrei voluto donare. Domani, quando tutto sarà finito, qualcuno mi porterà la polvere d’oro del nostro amore. Ovunque sarai, non piangere. Vivrai nel mio cuore fino al giorno in cui, addormentandomi, vincerò la solitudine.
Fernando De Maria
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