La staffetta partigiana Carla, che a vent’anni rischiò la fucilazione e per 75 anni ha raccontato
Se n'è andata Carla Locarno: in un giorno gelido d'inverno del 1945 i fascisti le uccisero il fratello, Nino. Per anni ha voluto tramandare la memoria e i valori dell'antifascismo con l'Anpi Samarate-Verghera

Aveva vent’anni, quando i fascisti uccisero suo fratello Nino. E per altri 75 anni ha lottato per la memoria e per i valori dell’antifascismo, fino all’ultimo: se n’è andata a 95 anni di età Carla Locarno, presidente dell’Anpi di Samarate-Verghera.
La famiglia Locarno gestiva l’osteria Roma a Verghera, divenuta dopo l’8 settembre 1943 centro di smistamento dei renitenti alla leva e centro di informazioni della cospirazione.
Suo fratello Nino Locarno divenne una delle colonne portanti della “1° Brigata Lombarda della Montagna”: il 5 gennaio 1945 fu ucciso in una cascina ai margini del paese di Ferno, insieme a quattro compagni (da allora indicati come i Cinque martiri di Ferno)
La Carla operava come staffetta partigiana, teneva i collegamenti e mandava messaggi, dentro quell’anomala formazione che era la 1° Brigata Lombarda, che operava sui due lati del Ticino: vera guerriglia sulla sponda piemontese – con base “volante” a Mezzomerico – e audaci colpi di mano sulla sponda lombarda, zona con molte caserme, gli aeroporti, le fabbriche belliche (e quindi molto vigilata dai nazifascisti).
A seguito del disarmo di un ufficiale dell’Aeronautica fascista, anche Carla era stata arrestata e aveva rischiato la fucilazione in piazza, «dovevano fucilarla davanti alla manifattura a Verghera», racconta il genero Massimo Ceriani. «Ha passato trenta giorni a San Vittore, poi solo grazie ad un medico di Samarate non è stata deportata».
Dopo la guerra, conquistata la pace, ha vissuto dedicandosi alla sua famiglia, ma sempre attenta alla memoria e alle ingiustizie del mondo.
Diceva ad aprile 2019, rievocando il 25 aprile 1945: «La gente era in piazza, c’era un clima euforico per la liberazione dai tedeschi e dai fascisti. Poi sono arrivati dalla montagna il Fagno, la Prima Brigata Lombarda della Montagna… e mancava il mio fratello Nino, ucciso a Ferno, partigiano. Cosa ho visto quel giorno? Contenti perché ci si liberava ed era tutto un trambusto… Oggi, dopo settant’anni ricordare il 25 aprile significa festeggiare. Festeggiare la libertà. Ma oggi ci sono ancora le guerre; guardate la Siria e tutti i bombardamenti sui civili, guardate la Libia, dove ci sono gli interessi del petrolio e delle armi. Noi allora abbiamo festeggiato la fine della guerra». E metteva in guardia: «Bisogna mettersi in testa di non fare più la guerra; tutti devono essere uguali nei diritti e nei doveri. E avere rispetto degli altri popoli. Spero per i miei nipoti, per Mattia che sta diventando grande, che ci sia la pace».

Lo scorso anno la città di Samarate l’aveva ringraziata anche con il riconoscimento nella “Giornata della riconoscenza”, “presenza civile allora e oggi, nella sua testimonianza per la pace e il rispetto delle persone”.
I funerali si terranno venerdì 16 ottobre, alle 10:30, nella chiesa parrocchiale di Verghera di Samarate.
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