“Ho organizzato i pullman per Genova, è stato difficile dimenticare quello che è successo”

L’esperienza al G8 di Angelo Zappoli, ex dirigente ora in pensione, allora rappresentante di Rifondazione Comunista e del Varese Social Forum, ora in segreteria PD Varese

G8 di Genova 2001 - le foto

(Foto Indymedia)

Continuiamo a pubblicare le testimonianze di chi ha partecipato alle manifestazioni al G8 di Genova 2001, nei giorni del ventesimo anniversario. Qui l’esperienza al G8 di Angelo Zappoli,
Ex dirigente ora in pensione. Allora rappresentante di Rifondazione Comunista e del Varese Social Forum, ora in segreteria PD Varese. Qui le altre storie

Ho fatto parte dell’organizzazione dei sette pullman del Varese Social Forum partiti dalla nostra provincia: in tutto circa 350 persone partite il sabato 21.  Ho sempre avuto una mentalità organizzativa, e già allora ero responsabile della logistica in una azienda, avevo una lunga esperienza di manifestazioni: così mi sono reso disponibile per occuparmi delle questioni logistiche del trasferimento.

Con i sette pullman, una volta arrivati a Genova ci siamo fermati abbastanza in alto e siamo scesi in corteo sullo stradone principale. Un corteo poi diviso a metà dall’intervento degli elicotteri, spezzato 100 metri davanti a noi: il che significa che ci siamo ritrovati bloccati su quella strada, e sotto il lancio dei lacrimogeni. Non ci fu nessuno scontro davanti a noi, ma man mano che le persone davanti a noi refluivano, anche noi eravamo sospinti indietro.

Tra noi c’erano signore in sandaletti e zoccoli, c’erano molti ragazzi: gente che non avrebbe mai aggredito nessuno. Ricordo davanti a me un ragazzo ipnotizzato dal candelotto arrivato in mezzo alle sue gambe: lo guardava, e lo respirava, con uno sguardo fisso. Abbiamo dovuto prenderlo di peso per spostarlo da li.

Il nostro problema, a quel punto, era solo come arrivare al punto di raccolta, che era fissato alla fine del corteo, ormai pressocchè impossibile da raggiungere. Un’impresa non facile in un clima minaccioso, e dove tutti coloro che erano vestiti di nero erano guardati male: se tenete conto che negli anni del mondo antagonista, le magliette dei concerti erano nere, la questione non era cosi semplice… Nel nostro gruppo c’erano il 17enne come la signora di 60 anni, persone che non si immaginavano nemmeno lontanamente di mettersi in una situazione pericolosa: a tutti loro avevo consigliato foulard e limoni per i lacrimogeni e alla fine si è rivelata l’unica arma che avevamo.

Mi sentivo responsabile: noi eravamo quelli di piu esperienza, anche se situazioni analoghe non ne avevamo mai avute: ma almeno non ci stupivamo come il ragazzino col lacrimogeno. Il mio problema era “devo riportarli a casa, tutti”.

Ci ho messo anni a dimenticare quell’episodio: è rimasta una frattura pesante. L’ho vissuto come un ricordo che ha segnato la fine di tutta un’epoca cominciata negli anni ’70, in cui partecipare era giusto, possibile e bello. E’ stata una cesura tra un epoca e l’altra. Dopo Genova la partecipazione è stata tutt’altro: era soprattutto in piccoli gruppi. E’ come se ci avessero detto “la dimensione di massa ve la scordate”.

A Genova c’erano i comunisti come me: io sono di formazione marxiana, sono stato un demoproletario soprattutto. Ma il mondo del G8 non era fatto solo di comunisti: li c’erano tante persone e molto diverse. Ti guardavi in giro e capivi: gente che ballava con i tamburelli, gli arancioni, gli scout, i tipi dell’oratorio. Si capiva che c’era tanta gente che non aveva idea di cosa sarebbe potuto succedere.

E invece lì i poliziotti erano assatanati davvero. Atteggiamenti cosi non ne avevo mai visti e di manifestazioni ne ho fatte tante. Ero in piazza a Milano quando sono stati assassinati Zibecchi e Varalli, non ero certo sprovveduto: ma là la violenza era, anche se sembra strano da dire, umana e comprensibile. A Genova sembrava disumana.

Il giorno dopo, era ormai domenica, ho scaricato l’ultimo pullman a Belforte. La mattina dopo mi sono alzato, ho bevuto in litro di latte e ho voluto andare al ristorante per mangiarmi una grossa bistecca al sangue. Evidentemente dovevo mordere qualcosa, dovevo sfogare la mia rabbia su qualcosa: non è nella mia natura aggredire, ma essere trattati come carne da macello era stata una cosa insopportabile. Dopo Genova, le idee che si voleva far passare sono rimaste come congelate per vent’anni: eppure, sono esattamente gli stessi temi di cui si parla ora.

Angelo Zappoli, Varese
Ex dirigente, pensionato. Segreteria PD Varese

 

 

 

 

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 20 Luglio 2021
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