Prosegue il presidio dei lavoratori della Gianetti Ruote
Venrrdì sera dipendenti e sindacalisti accolti in consiglio comunale a Solaro, mentre sabato pomeriggio collegamento con l'iniziativa "Ancora Pane e Rose”

Comincia una nuova settimana di presidio per i lavoratori della Gianetti Ruote, 152 dipendenti licenziati lo scorso sabato 3 luglio con una mail spedita dalla proprietà dell’azienda, attiva nella produzione di ruote per, tra le tante tipologie di prodotto, camion, tir e Harley Davidson.
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Venerdì sera, 24 luglio, a Solario in consiglio comunale i lavoratori e i sindacalisti sono stati accolti e ascoltati dall’assemblea pubblica del Comune che confina con Ceriano Laghetto, sede dell’azienda. È stato raccontato il lavoro, l’attesa, l’ansia di non sapere cosa sarà del loro futuro e la ferma volontà di andare avanti con la lotta, in attesa che le istituzioni facciano la loro parte, favorendo un’acquisizione di altri imprenditori e la conseguente ripresa della produzione.

«Abbiamo detto che la decisione della Gianetti calpesta la nostra Costituzione che dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro», commenta Pietro Occhiuto, segretario della Fiom Cgil Monza e Brianza.
Al presidio di Ceriano, nel pomeriggio di sabato 25 luglio, i lavoratori hanno potuto presentare la propria situazione anche agli interlocutori dell’iniziativa “Ancora Pane e Rose”: «Abbiamo detto due cose semplici: la prima è che questi lavoratori in presidio permanente davanti alla fabbrica hanno tutto il diritto di tornare a lavorare e ad avere un salario. Sono persone vittime di una barbarie e di un modo di fare impresa che pensa si possa licenziare 150 persone con un messaggio e senza avere nessun problema di commesse di lavoro – spiegano gli organizzatori -. La seconda è che alla sinistra non basta più solo essere vicino ai lavoratori nelle loro battaglie ma è tempo che faccia vivere a viso aperto il conflitto tra chi vuole conservare l’attuale sistema economico incentrato sul profitto e che lascia ai fondi internazionali e alle multinazionali la libertà di condizionare in modo importante la politica industriale di un Paese e chi invece vuole rimettere al centro dell’agire economico le persone rivendicando un nuovo e rinnovato ruolo dello Stato nel guidare e condurre la scelte di politica industriale. Alle parole devono seguire i fatti. Non è più tempo di ambiguità».

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