Il caso Squid Game, il tema della morte e la difficoltà di essere genitori oggi
Per lo psicoterapeuta Alberto Pellai la preoccupazione scatenata dalla nuova serie tv sottolinea vuoti e necessità di una rete educativa sopraffatta dalle corazzate mediatiche

C’è una realtà distopica dove gli adulti ricchi usano i poveri come pedine di giochi molto semplici, da bambini, in cui però chi perde viene ucciso, in scene molto violente: si chiama Squid Game. È la nuova serie tv la propone Netflix ed è vietata ai minori di 14 anni. A riproporre queste dinamiche nei loro giochi, anche a scuola, sono però proprio i più piccoli, come i bambini della scuola primaria e ne parlano diffusamente i anche ragazzi pre adolescenti delle medie, scatenando le reazioni preoccupate di insegnanti e genitori.
Ci sono petizioni di genitori che chiedono la sospensione della serie, incontri con psicologi ed educatori e consigli di classe convocati ad hoc nelle scuole: «Che sia l’occasione per ripensare al contesto in cui cresciamo i nostri figli, come genitori, come scuola e più in generale come villaggio educante, che è anche un villaggio virtuale», auspica Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva cui abbiamo posto alcune domande in merito al caso Squid Game.

. La serie tv Squide Game è al centro di un accesso dibattito scatenato da genitori e insegnanti. Sono giustificate tutte queste preoccupazioni?
Il dato di fatto è che molti educatori vedono i bambini della di scuola primaria e preadolescenti impegnati in giochi o conversazioni che hanno contenuti, azioni e immagini di questa serie e che sono profondamente inadeguati alla loro età, ma comunque presenti nella loro quotidianità. La preoccupazione degli adulti è quindi corretta e condivisibile.
. Si tratta però di una serie tv esplicitamente vietata ai minori di 14 anni. Forse il primo problema è che questo limite non viene rispettato…
Ci sono sicuramente famiglie meno attente, ma anche chi prova a far rispettare il confine si sente impotente di fronte a delle corazzate mediatiche che sembrano impossibili da arginare. Fenomeni così famosi diventano dei meta contenuti capaci di entrare in case dove magari nn c’è neanche Netflix. Spezzoni della serie, o riferimenti più o meno espliciti alla stessa sono comunque proposti altrove, magari da uno youtuber o da altre porte di accesso, in una complessità oggi più che mai difficile da governare per i genitori. Una complessità che non è neppure paragonabile a quella di 10 anni fa.
. Ai genitori si consiglia di porre dei limiti di tempo all’uso dei dispositivi, di non lasciare “soli” in internet bambini e ragazzi e di utilizzare applicazioni e programmi per il parental control. È sufficiente?
Evidentemente no. La realtà è che bambini e bambine crescono in un ambiente che rischia di essere fortemente tossico perché non solo non li protegge, ma peggio li raggiunge con cose che spesso non sono adatte. E questo non può essere un problema solo dei genitori. Il villaggio che educa i bambini è nel mondo reale e anche in quello virtuale.
Le mamme e i papà sicuramente devono sviluppare maggiori competenze per essere consapevoli dei contenuti cui accedono i figli, ma più in generale il mondo adulto deve porsi il problema perché le protezioni pensate per i minori fanno acqua da tutte le parti.
. Da dove si comincia a ripensare le tutele per i bambini nel mondo del web?
Ben venga il dibattito che si è generato e che deve però andare oltre la serie per coinvolgere educatori e genitori su un piano più generale. Innanzi tutto per riaffermare l’importanza di confrontarsi e informarsi in una rete educante tra adulti e riaffermare necessità e ruolo di limiti, confini e regole che, per il benessere dei minori stessi non vanno oltrepassate. Questo deve avere un valore civico oltre che educativo. A questo tema è dedicato anche l’ultimo libro che ho scritto con Barbara Tamborini, “Vietato ai minori di 14 anni”.

. Tornando alla serie tv, perché di tutti i prodotti vietati e comunque quotidianamente accessibili a bambini e ragazzini, proprio Squid Game ha scatenato reazioni così vibrate?
Il problema secondo me è che la serie si inserisce su un vuoto educativo. In Squid Game la morte è un tema centrale e di morte evitiamo il più possibile di parlare ai bambini, sbagliando perché è parte della vita. La morte è comunicata nella serie in maniera grafica diretta ed estremamente violenta e può succedere che sia il primo e unico modo in cui i bambini iniziano a familiarizzare con la morte e questo sicuramente non va bene. Lo stesso discorso vale per la sessualità. Se non se ne parla a scuola o in famiglia il rischio è che sia un tema che entra nell’immaginario di bambini e ragazzi dalla pornografia, molto presente sul web e solo in teoria vietata ai minorenni dato che basta affermare di avere 18 anni per potervi accedere.
. Forse anche la facilità con cui i bambini hanno tradotto in giochi quotidiani i contenuti di Squid Game ha contribuito ad allarmare genitori ed educatori…
Tipico del bambino è imitare senza problematizzare. La preoccupazione nei genitori è che un contenuto non adatto sia talmente pervasivo da essere imitato dal figlio e da qui nascono i dubbi. Il bambino imita e basta perché non comprende o ripropone quella modalità perché gli è entrata dentro in maniera disturbante? Purtroppo immagini violente come quelle di Squid Game sono vietate ai minori perché sappiamo che simili immagini non lasciano indenni i bambini.
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