Nella “Zona franca” del varesino Alessandro Rosato il viaggio di una generazione alla ricerca di sé

Il sorprendente romanzo di esordio del giovane regista e scrittore, pubblicato dalla casa editrice Maddali e Bruni di Firenze e Morazzone

Alessandro Rosato

In un mondo fatto di schemi e definizioni, in cui la vita scorre come una check-list di cose da fare, la “zona franca” – una frazione di secondo che non appartiene a nessuno, simile all’istante sospeso in cui si taglia un incrocio quando il semaforo è rosso per tutti – diventa metafora di un viaggio introspettivo in fondo ai limbi, agli inferni e ai paradisi perduti del cuore.

Zona franca è il sorprendente romanzo di esordio di Alessandro Rosato, appena pubblicato dalla casa editrice Maddali e Bruni di Firenze. L’autore, originario di Varese, giovanissimo e talentuoso, dopo la laurea a Pavia, il periodo di studio al Trinity College di Dublino e a Barcellona, ha lavorato come brand strategist per marchi prestigiosi. Nel 2020 ha lasciato il lavoro nel campo della pubblicità per inseguire le sue passioni: la scrittura e la regia cinematografica( qui il suo corto “Perché lei” girato durante la pandemia).

L’azione del romanzo si svolge nell’arco di ventiquattro ore, in un giorno di primavera del 2000. L’io narrante e protagonista, Gabriele, ventiseienne milanese, è sul volo Milano- Lisbona. Nella capitale portoghese vuole ricominciare da zero e dimenticare Barcellona, dove ha lavorato per qualche anno ma che poi ha lasciato, soffocato dal ricordo dolce- amaro di un amore finito e dal rimpianto di uno mai nato. Si alternano, intrecciandosi, due piani narrativi. L’uno coevo al viaggio tra le nubi, incentrato sulle sue riflessioni e stati d’animo. L’altro, differenziato anche per l’uso del corsivo, che ripercorre i ricordi dei momenti più o meno felici trascorsi a Barcellona.
Il secondo piano narrativo contiene le premesse e gli antefatti del primo. Sono memorie di luoghi, rituali, routine, relazioni effimere in una città piena di sogni, multietnica e multiculturale. Sullo sfondo la movida barcellonese, tavoli condivisi con sconosciuti, la crew (la cerchia di amici più stretti), le feste di addio per chi torna nel proprio paese dopo gli studi o lo stage, l’ebrezza dell’alcool, lo spleen della domenica, le assolate terrazze, le vie brulicanti di turisti, la ricerca della quiete e della tranquillità sotto le navate ombrose di una chiesa.

E poi le persone che hanno condiviso un breve, ma intenso, tratto di vita con lui: la sua ex ragazza austriaca Ari; Mario, l’amico italiano con la “paura del rimpianto”; Sophie, la bella francese dalla decappottabile di seconda mano. Con lei Gabriele instaura un rapporto speciale, fatto di parole non dette, di complicità, di attimi sospesi nell’eccitante brivido del pericolo. Rivelatrice la sua abitudine di “tagliare” i semafori rossi: «Penso a quell’istante subito dopo aver tagliato il rosso, in cui ci sentivamo in un tempo sospeso; una specie di limbo in cui il rosso era acceso da entrambe le parti: una frazione di secondo che non apparteneva a nessuna carreggiata. In quegli attimi, la macchina apparteneva a tutto e a niente. Anche noi, lì sopra: eravamo in una zona franca. E ci sentivamo così noi. Così selvaggiamente noi stessi».
I piani narrativi procedono paralleli, finché i ricordi del passato lasciano il posto agli eventi e ai personaggi del presente. Come Giacomo, un anziano signore dalle molteplici passioni, e Lara, una misteriosa ragazza dalle mani delicate. Uno scalo imprevisto a Barcellona cambierà i progetti di Gabriele e lo costringerà a riaprire un capitolo della sua vita che credeva già chiuso.

Lo stile semplice e scorrevole, variato da moduli colloquiali propri del gergo giovanile e da una efficace trascrizione filmica delle scene, riesce a esprimere in maniera autentica le sfumature dei sentimenti e dei pensieri più reconditi.

“Zona franca” è un romanzo di formazione, in cui l’autore si interroga sulla ricerca della propria identità, sulle scelte dettate dall’abitudine o dalle pressioni sociali, sulle esitazioni che hanno cambiato la storia, sulle passioni accantonate, sulla potenza che non si è tradotta in atto. Ma anche sulle seconde possibilità che la vita ci offre e sulla voglia di vivere fuori dagli schemi. È anche lo specchio di una generazione, la cosiddetta “generazione Erasmus”: giovani inquieti, dalla vita frenetica, sentimentalmente instabili, che non hanno ancora trovato il loro posto nel mondo, e di cui Alessandro Rosato si candida a diventare una delle voci più interessanti.

La Casa editrice Maddali e Bruni

È una casa editrice indipendente, fondata nell’autunno 2013, con sede a Firenze e a Morazzone, in provincia di Varese.
«I libri ci sono sempre piaciuti, e abbiamo sempre vissuto tra questi: studiandoli, leggendoli, lavorandoci, ed oggi pubblicandoli –spiegano Lucilla Maddali Bongi e Valeria Bruni– . Ci piace parlare delle qualità di vita, attraverso quelle scritture che insegnano, intrattengono, e fanno riflettere su ciò che viviamo e come lo viviamo. Ascoltiamo chi si fa avanti per prendere la parola, e lo aiutiamo a capire se quello che ha da dire può essere interessante e diventare un testo.
Ci occupiamo di saggistica e l’idea di pubblicare un romanzo non era nelle nostre corde, semplicemente perché non vendiamo narrativa. Ultimamente però sono arrivati dei bei romanzi: a dicembre vorremmo pubblicarne un altro sulla vita di Botticelli di un autore fiorentino e, vorremmo riprovare con la narrativa, rivolgendoci ovviamente ai giovani. Dopo la pandemia siamo tutti un po’ più chiusi al mondo, la guerra non aiuta, però penso che forse un piccolo tentativo bisogna farlo e investirci un po’ di energia».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Aprile 2022
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