Nicolò Maja torna a muovere gli occhi e le dita, è l’unico sopravvissuto alla strage di Samarate
Il ragazzo di 23 anni ancora ricoverato alla terapia intensiva di Varese: i medici non sciolgono la prognosi, ma tutti sperano ad un veloce recupero delle facoltà

Le visite quotidiane dei nonni e la graduale diminuzione della sedazione. Gli occhi che si aprono. Le mani che si muovono e dicono «sì» e «no». Non c’è molto di più nelle giornate di Nicolò Maja, 23 anni, da un mese all’ospedale dopo le profondissime ferite alla testa inferte dal padre Alessandro, oggi in psichiatria. Piccoli segnali, ma che sono un’enormità dal momento che in molti erano preparati al peggio viste le disperate condizioni da codice rosso in arrivo al pronto soccorso quella mattina del 4 maggio, dopo il ricovero in elicottero al Circolo.
La conferma del miglioramento arriva dal legale delle persone offese, vale a dire i più stretti famigliari delle vittime e del ragazzo, i nonni materni: l’avvocato Stefano Bettinelli non è ancora andato al reparto di rianimazione a trovare Nicolò, ma è in contatto quotidiano coi nonni del ragazzo.
«Tutti i giorni vanno a trovarlo e riportano di una situazione che sembra in netto miglioramento. Non sono in grado di dire con precisione quale sia la condizione clinica del ragazzo, ma di certo riesce a comunicare e risponde agli stimoli semplici».
Da qui, a dire che potrà rispondere presto alle domande di un magistrato, passerà ancora del tempo. Ma di certo è lui, Nicolò, un punto fermo di questa vicenda scaturita, oramai sembra certo, da questioni di natura economica che come un seme hanno germogliato nella mente del padre, sbocciate poi nella violenza in quella calda notte nei primi del mese.
Solo Nicolò potrà dire, tutti lo sperano, cosa accadde la sera prima, quale fosse il clima in casa nei giorni precedenti il duplice omicidio e l’aggressione che quasi costò la vita al ragazzo appassionato di volo e che già aveva raggiunto il brevetto.
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