Omicidio di Matteo Mendola, condanna definitiva per l’imprenditore di Busto Arsizio Giuseppe Cauchi
Il giovane venne ucciso a Pombia dopo essere stato attirato in una trappola da due uomini su mandato dell'imprenditore che aveva questioni in sospeso con lui

La Corte di Cassazione ha messo la parola fine al processo nei confronti del mandante dell’omicidio di Matteo Mendola, il giovane ucciso nei boschi di Pombia nella notte del 4 aprile del 2017 e per il quale sono stati già condannati in via definitiva Antonio Lembo e Angelo Mancini in qualità di esecutori materiali del delitto.
Giuseppe Cauchi, imprenditore di origini gelesi da molti anni residente a Busto Arsizio, è stato condannato a 26 anni di reclusione. Assolto in primo grado era stato poi condannato in Appello. Nel processo di secondo grado era emerso che la famiglia di Mendola aveva un credito nei confronti di Cauchi.
Soddisfazione è stata espressa dai legali di parte civile Francesca Cramis per papà, mamma e sorelle di Matteo e da Concetto Galati per la moglie: «Per la famiglia mettere un punto fermo era diventato determinante. Ad ogni udienza era una ferita che si riapriva» – ha commentato la Cramis mentre per Galati «è la giusta conclusione di un processo che ha fatto emergere il ruolo di Cauchi in quanto mandante».
L’omicidio maturò all’interno di un contesto di criminalità locale. Mendola, infatti, venne barbaramente ucciso dopo essere stato attirato in un bosco con la scusa di commettere un furto ma, all’interno di un capannone abbandonato, venne prima ferito con due colpi di pistola e poi finito con 12 colpi sul cranio per mezzo di un oggetto pesante trovato sul posto.
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