Il buguggiatese Bertoni, dal Varese al Caravaggio passando da Pisa e casa Birindelli
Il difensore classe 1999 è uno dei punti di forza della formazione bergamasca che milita nel Girone B di Serie D, ma nel suo passato ci sono tante esperienze che lo hanno aiutato a crescere come calciatore e come uomo
(Bertoni contro Vitale della Varesina a Venegono Superiore in questa stagione)
Il Caravaggio è una squadra storica della Bergamasca, milita nel Girone B di Serie D e ha come obiettivo un campionato tranquillo, riaffacciandosi in categoria dopo un anno in Eccellenza. Al centro della difesa biancorossa c’è Federico Bertoni, classe 1999 di Buguggiate, che gli stessi colori li ha vestiti a lungo anche nel settore giovanile del Varese. Il suo però non è stato un viaggio lineare, anzi, ha deciso a 16 anni di lasciare le comodità di casa e trasferirsi a Pisa per poi passare diversi anni in Toscana, imparando cosa vuol dire cavarsela da soli e conoscendo il mondo fuori dalla comodità domestica.
Federico, ci racconti come è partito questo viaggio.
Da piccolo ho giocato prima a Buguggiate, poi a Morazzone e dal 2010 sono entrato nella scuola calcio del Varese, fino ai Giovanissimi, che in quei tempi facevano i campionati con le altre squadre professionistiche. Sono stato in biancorosso fino al 2015, quando la società è fallita. Da lì sono andato a Pisa.
Come è avvenuto questo passaggio e come è andata?
Quell’estate mi hanno cercato Pisa ed Entella. Ho fatto prima un provino a Pisa ad agosto, anche perché avevo un parente lì, mi hanno tenuto subito e sono rimasto. Sono stato in convitto con altri ragazzi e quell’anno abbiamo perso la finale scudetto Allievi Lega Pro contro il Pavia a Cesena. Poi la prima squadra è stata promossa in Serie B e ci siamo ritrovati in Primavera, un campionato bello ma complicato che mi ha dato l’opportunità di affrontare i migliori e abbiamo preso qualche scoppola pesante; c’è stato anche il torneo di Viareggio, contro squadre internazionali. Alla fine è stato un bell’anno.
Ha conosciuto anche Gennaro Gattuso?
Sì, era allenatore del Pisa in Serie B e io mi univo a loro un paio di volte in settimana. È un allenatore tosto che a livello caratteriale e di intensità carica molto.
A Pisa ha giocato con Samuele Birindelli, ora al Monza?
Samuele per me è stato più di un compagno di squadra. Ci allenavamo e andavamo a scuola insieme e per un periodo, fino a giugno 2020, mi ha ospitato a casa sua, condividendo tutto come se fossimo fratelli. È una persona umile e concentra tutta la sua vita sul calcio. Si vedeva da subito che ce l’avrebbe fatta e per me è stato uno stimolo in più. Quando non è al campo si allena a casa, sono sacrifici che in pochi capiscono davvero.
Anche il padre Alessandro, ex calciatore della Juve, è stato importante?
Non veniva a vedere le partite, ma con Samuele si confrontava spesso. Non è mai stato un padre pesante per lui, uno di quelli che “sta addosso”. Una persona che fa 10 anni di Juve, in quegli anni lì, deve avere qualcosa di speciale e anche per me è sempre stato un esempio. È una figura importante.

Torniamo alla sua carriera: dopo Pisa dove è andato?
La prima esperienza tra i grandi è stata a Ponsacco, in Serie D. Ho fatto metà anno finendo il girone di andata da imbattuti ma mi sono infortunato e dopo sono andato a Forte dei Marmi. Al Real Forte sono rimasto dal gennaio 2018 al 2022. È stata una bella esperienza, mi trovavo benissimo sia per il gruppo, sia per la società. Nel 2019-2020 stavo facendo veramente bene ma il Covid ha fermato il campionato rovinando così quello che forse è stato il mio anno migliore.
E come è arrivato a Caravaggio?
Dal 2022 ho preferito riavvicinarmi a casa e ho trovato il Caravaggio, che era appena retrocesso in Eccellenza ma aveva l’ambizione di risalire subito. Siamo arrivati secondi nel girone, ma abbiamo perso la finale playoff con il Club Milano. In estate ho deciso di rimanere comunque perché mi sono trovato molto bene e, scommettendo sul ripescaggio. Alla fine è andata bene.
E questa stagione come sta andando?
Stiamo facendo un campionato buono, forse al di sopra delle aspettative. Ci sono tutti i presupposti per continuare bene. Ho trovato la mia dimensione, è abbastanza vicino a casa, dividiamo il viaggio con altri ragazzi e questo mi permette di studiare alla mattina. Sto pensando al futuro lontano dai campi e studio massofisioterapia.
Fino a qualche settimana fa il trascinatore del Caravaggio è stato Carmine Marrazzo, uno che a Varese se lo ricordano in tanti. Com’è stato perdere un elemento così importante?
Per noi Carmine era un punto di riferimento: una persona di 41 anni che ci mette quella passione, anche in allenamento tiene alto il livello, ti aiuta a crescere come squadra. È stata una perdita importante perché con lui in campo sapevi che qualcosa davanti poteva sempre fare. La fame che ci mette in campo è difficile ritrovarla nei giovani, ne vedi tanti che arrivano che non hanno la stessa volontà. Mi sento un po’ vecchio a dire così (ride, ndr). Però ora dobbiamo andare avanti anche senza di lui, sono arrivati altri due calciatori importanti e continuiamo a dare il massimo tutti.
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