Il procuratore Antonio Gustapane: “Ho comprato casa in città, voglio vivere da varesino”
Dalle inchieste sulla Strage di Bologna all’omicidio del giuslavorista Marco Biagi: il nuovo procuratore di Varese racconta i suoi trascorsi, e promette apertura

Poca, pochissima, anzi niente ideologia. Tanto diritto, che tradotto vuol dire soggezione alla legge che per un pubblico ministero è dovere costituzionale, ma anche implicita ricetta per raggiungere un fine preciso: arrivare ai fatti, presentarli ad un giudice, consentirgli di decidere. Sono mattinate concitate per il procuratore Antonello (ma solo sul biglietto da visita, quindi Antonio) Gustapane: classe 1959, leccese, originario di una famiglia «che da secoli vanta magistrati in servizio attivo», appassionato di lettura in senso lato, confinata per lavoro negli atti giudiziari, e quando dimette la toga, nel tempo libero, ai classiconi della letteratura poliziesca, tanto dal cadere nella tentazione di battezzare l’amato cocker «Maigret» (Il commissario Jules Maigret è un personaggio letterario creato da Georges Joseph Christian Simenon, protagonista di settantacinque romanzi e ventotto racconti di genere poliziesco rappresentati in numerose produzioni cinematografiche, radiofoniche e televisive, dice wikipedia) per via della voracità con la quale consuma i libri del grande giallista belga.
Fuori dagli incontri ufficiali dinanzi a colleghi, divise e completi istituzionali dei poteri civili varesini, il tempo per un breve incontro con la stampa svela il lato umano di un procuratore che ha scelto il trasferimento radicale, verrebbe da dire integrale, a Varese: «Ho comprato casa qui», aveva detto nella «salaD» al piano primo gremita di colleghi e personale amministrativo del Tribunale.
Dunque non in affitto: «Ho proprio comprato casa, per immergermi completamente nel tessuto sociale della vostra città, che ho trovato splendida, un centro storico verde, belle costruzioni, gente di grande affetto». Certo, il diritto, – ça va sans dire, in una famiglia di magistrati e avvocati – il pm inteso come «promotore di giustizia dinanzi al giudice nel rispetto della Costituzione», «ma neutrale alla stregua di un giudice, fuori da ogni ideologia. Anzi: detesto qualsiasi ricostruzione ideologica dei fatti poiché si rischia in questo terreno di incappare in una distorsione dei fatti stessi».
Ma anche l’importanza dell’opinione pubblica a cui si rivolge la stampa, «che nel rispetto del segreto istruttorio, e della riservatezza, rappresenta a volte anche uno strumento a cui la magistratura inquirente può fare riferimento per risolvere casi».
E qui i 29 anni in Procura a Bologna (oltre a 6 anni in Sorveglianza a Modena e come reggente a Reggio Emilia), saltano fuori i casi risolti grazie alle notizie ben raccontate sui giornali, alle foto che diventano per esempio essenziali per arrivare al serial killer, o a risalire a truffe più o meno blasonate nel campo dell’arte. Diverse sono le inchieste di portata nazionale che hanno visto Antonio Gustapane in prima linea: dalla Strage di Bologna all’omicidio del giuslavorista Marco Biagi, dalle indagini sull’aeroporto di Bologna alle «coop rosse». Oltre all’attività come magistrato requirente, Gustapane vanta anche l’esperienza di docente, col ruolo di professore a contratto «Diritto penale amministrativo» all’università di Bologna e con all’attivo diverse pubblicazioni in campo giuridico.
La promessa, ricordata anche in sede di presentazione ufficiale, è quella di grande apertura e collaborazione con magistratura giudicante e avvocatura: «la dialettica fra pm e difensore deve essere costruttiva perché promuove il confronto di idee che permette al giudice di essere giusto».
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