Il pranzo di Pasqua
di Anna Rosa Confalonieri
Era la fine di un inverno soleggiato e asciutto.
“La pagheremo, Maria…” disse Bruno, preoccupato per il suo campo di zafferano. Temeva che una stagione primaverile piovosa avrebbe compromesso il raccolto. L’anno precedente i bulbi messi a dimora erano marciti per il ristagno d’acqua. Maria non rispose, intenta a preparare la sua famosa crostata di mirtilli. Si sentiva stanca, ma le sue mani dovevano muoversi. Avrebbe riposato poi. La cucina profumava di caffè, una colazione veloce perché aveva da fare. Il pensiero andava al pranzo. Verranno tutti quest’anno, Brunella e Daniele con i monelli, Alberto, Rita che non vedeva da un po’ e qualche amico per un buon bicchiere di vino. Avrebbe preferito imbandire una bella tavolata sotto il portico con i bambini liberi di giocare in giardino sotto gli occhi vigili dei grandi. Ma quest’anno la Pasqua era bassa, sui monti l’ultima velatura di neve e il meteo non prometteva tempo sereno.
“Come faremo con lo zafferano se pioverà troppo?” continuò Bruno immerso nel suo problema. La donna lo guardò e sorrise: “Pianterai i bulbi nei vasi e li proteggerai per l’anno a venire”. “Pianteremo…” replicò lui. Maria accese una sigaretta e uscì in veranda a sedersi sulla panca. Bruno ebbe la tentazione di togliergliela dalle mani, le faceva male fumare, lo sapevano entrambi, ma cosa avrebbe cambiato ormai una sigaretta in più? A volte le cose sono inevitabili. E le cose inevitabili si accettano. Vale per le condizioni del tempo, i bulbi di zafferano e per tutte le vicende della vita.
Maria si alzò a fatica, ma decisa a dare il meglio in cucina. “Non mancherà nulla”, pensò. Prese dalla madia la casseruola di rame di nonna Jolanda, quella con il bordo alto, perfetta per cuocere la coratella d’agnello. E cominciò a rosolare. Pestò le foglie tenere della mentuccia nuova nel mortaio e aggiunse questa crema a dieci uova sbattute con energia. La frittata verde doveva essere alta e soffice.
“Apparecchierò dentro, davanti al camino, cuoceremo le salsicce, quelle buone che hai insaccato tu”. Stese la tovaglia bianca. Bruno affettava silenzioso il ciauscolo e il pane. La pizza al formaggio, già pronta dal Venerdì Santo come da tradizione, accompagnava pecorino e olive al forno al profumo di origano e timo. Nella credenza pile di vecchi piatti accumulati in una vita. Ne scelse alcuni, diversi tra loro, a lei cari, ognuno con una storia, e li accatastò sul tavolo. I ragazzi si sarebbero serviti da soli, come in un buffet. Tutto era pronto. Era soddisfatta.
Ayrton, il loro cane, abbaiò al cancello. Maria si levò il grembiule dalla vita, sistemò con le mani i capelli radi con le mani e aprì la porta. Abbracciò tutti con lo sguardo.
Avrebbe lasciato il ricordo di un giorno di festa.
Buona Pasqua, Maria.
Racconto di Anna Rosa Confalonieri (www.ilcavedio.org)
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