Per il tentato omicidio di via Aldo Moro a Varese chiesti 8 anni di reclusione
Il sospettato accusato di aver agito con una bottiglia, ma l’“arma“ non si trova. Il difensore ha chiesto l’assoluzione. Il pensionato aggredito con furia: calci, pugni e colpi ripresi dalle telecamere

Alle 6.26 del 30 dicembre 2023, e per i cinque minuti successivi, un uomo di 43 anni, origini tunisine, è sospettato di aver massacrato di botte un residente a Varese oggi 67enne.
Un mese di ospedale. Calci, pugni, percosse. Forse bottigliate, anche se quest’ultimo «frame» di una storia intricata e apparentemente inspiegabile, non si trova: nulla dalle fattezze di quell’arma impropria e talmente diffusa dal poter essere reperita in loco è presente fra quanto sequestrato dalle Volanti nell’immediatezza dei fatti.
Immediato, quella mattina, fu il lavoro degli uomini dell’ufficio generale prevenzione e soccorso della Questura ma anche di quelli della Mobile: attivazioni immediate che portarono all’arresto in quasi flagranza e alla ricostruzione dei fatti con filmati finiti nel fascicolo del dibattimento del pubblico ministero.
Tuttavia gli elementi legati al movente risultano ad ora ignoti: non fu rapina; non fu probabilmente vendetta: la parte offesa per motivi di salute soleva passeggiare lungamente e per chilometri dalla residenza al centro di Varese, doveva “muoversi“ per stare bene e si è invece trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato, forse alla mercé di uno squilibrato. Che non ha tuttavia riconosciuto in aula.
Una ricostruzione che fa della vicenda fatto opinabile, sul piano delle responsabilità, almeno per il difensore Giovanni Caliendo che ha chiesto l’assoluzione del suo assistito. Posizione del tutto confliggente con la richiesta del pubblico ministero che propone alla Corte una condanna ad otto anni di carcere.
Fra gli elementi emersi nel corso del dibattimento – oltre alla testimonianza di un operatore del servizio ecologico comunale che ha notato prima dei fatti l’imputato aggirarsi per il centro città dove manda in frantumi una bottiglia di birra da “33“ – c’è un elemento che il Collegio di Varese dovrà apprezzare ovvero la presenza del DNA della vittima (che si è fatta oltre un mese di ospedale), sulle aringhe delle scarpe del suo aggressore. Come dire il contatto c’è stato, le immagini ci sono. Restano, sempre che siano utili a pesare il comportamento sul piano penale, i perché della vicenda.
Prossima udienza, per repliche e sentenza, il 25 febbraio.
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