Il processo a Francesco Tomasella, in aula a Varese lette le chat con la ex: “Nel Medioevo saresti finita al rogo“
L’ex candidato sindaco e leader no vax in aula per rispondere di violenza sessuale e stalking. I parenti: “Giustizia eccessiva, quasi un anno in carcere”

I processi coi codici si celebrano nelle aule di tribunale. Fuori, nei corridoi, si inscena qualcosa di simile che ha però nella legge dell’opinione la sua regola principale.
E quindi se il presidente del collegio Stefania Brusa pretende assoluto silenzio durante le udienze – zero confidenze fra i cronisti e niente bisbiglio tra i difensori – c’è chi, negli androni, e durante le pause, parla, e parecchio. Il processo è quello annunciato dallo stesso imputato Francesco Tomasella che mesi fa inviò a mezzo stampa una missiva per lamentarsi della sua carcerazione in regime di custodia cautelare perché accusato di violenza sessuale e atti persecutori dalla sua ex compagna, sempre in aula per le udienze che vedono il processo celebrarsi dinanzi al Collegio di Varese.
L’escussione dei testi martedì ha visto ribadire quanto sentito dalla stessa parte offesa nel caso del lungo interrogatorio cui la donna si è prestata, conferme che arrivano dalla figlia appunto sentita oggi e che descrive la madre come ai tempi una donna «succube» del compagno che durante i mesi oggetto delle contestazioni prese una deriva mistica, religiosa. Tutto testimoniato dalla lettura delle copie forensi del telefono. Trascrizioni. Chat sviscerate dall’Anticrimine della polizia di stato dove emergono frasi del tipo: «Nel Medioevo saresti finita al rogo», oppure «hai lasciato l’anima al diavolo» sempre messaggi e simili rivolti alla donna accusata di tradimento; ma anche profili di consapevolezza, di ammissione per quei comportamenti («mi spiace essere arrivato a questi livelli») che portarono, secondo l’accusa e le parole delle amiche della vittima, a codificare sulla pelle di quest’ultima violenze subite, sotto forma di lividi e segni. Offese a non finire. Pedinamenti. Blitz in discoteca a Bizzarone dve la donna era uscita per una serata spensierata con gli amici finita con una sceneggiata di gelosia, strattonamenti davanti a svariati testimoni, botte intesa alla compagna, discussioni con la security intervenuta per placare gli animi.
Poi altri comportamenti da brivido raccontati in aula – spesso de relato, dunque senza nessuno che abbia mai visto direttamente – da pare dei testi, come il caso del sacchetto di plastica che l’imputato avrebbe messo in testa alla vittima. Scene, episodi ascoltati dai tanti presenti in aula venuti a sostenere Tomasella che hanno una loro idea personalissima di processo che vede imputato l’ex candidato sindaco a Varese e leader della protesta no vax ai tempi del Covid.
Amici, come un avvocato vicino alla famiglia, o parenti stessi che non si sottraggono al commento nei tempi morti delle pause: «È la sua parola contro quella della donna. Racconti che però lo tengono dentro da quasi un anno. Una giustizia dai tempi eccessivi». Ne sono convinti i parenti che salutano appena l’imputato con una mano. C’è il papà. Ci sono i cugini che avevano proposto la casa del Circeo come luogo per passare i domiciliari, con braccialetto elettronico, proposta poi bocciata dal Collegio. Lui si gira, li guarda uno per uno, accenna un sorriso, un movimento delle ciglia che sta per saluto e poi se ne va con gli schiavettoni ai polsi scortato dalla Penitenziaria.
L’udienza di martedì ha visto un cambio nella difesa di Tomasella assunta ora dall’avvocato Nicola Giannantoni e dal collega Andrea Brenna al posto dell’avvocata Ester Cantina (già tre i cambi dei difensori in pochi mesi). L’imputato resta in carcere, a Pavia.
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