Il coro “Uniting Voices Chicago” conquista Varese. La direttrice Lee: “La musica è il nostro passaporto per il mondo”
In un’intervista a VareseNews, Josephine Lee racconta la missione educativa e culturale di Uniting Voices: un modello d’ispirazione anche per il territorio varesino

Un’esibizione coinvolgente, un pubblico caloroso, e una storia fatta di musica, inclusione e talento: domenica 6 luglio, i 66 ragazzi del coro “Uniting Voices Chicago” (USA) si sono esibiti a Varese in un concerto che ha lasciato il segno. L’evento, organizzato dall’associazione culturale Solevoci, si sarebbe dovuto tenere in piazza del Podestà, ma a causa del maltempo è stato spostato nella vicina Chiesa di S. Antonio Abate, meglio conosciuta dai varesini come «Chiesa della Motta».
Un’occasione che ha permesso anche a VareseNews di incontrare la direttrice del coro, Josephine Lee, e raccogliere una testimonianza preziosa sul valore di un progetto musicale riconosciuto a livello internazionale.
Buongiorno Josephine com’è stata finora la vostra esperienza in Italia?
«Assolutamente magnifico, i paesaggi sono mozzafiato. L’Italia è un paese incantevole ricco di musicisti e artisti di alto livello. Lo adoro in ogni sua sfaccettatura. Gli italiani apprezzano la cultura, la famiglia, l’eccellenza, la bellezza. Siamo stati accolti con tutta la gentilezza e l’ospitalità che contraddistingue questo splendido paese mediterraneo».
Cos’è Uniting Voices e qual è la sua missione?
«Uniting Voices è un coro nato nel 1956. Era uno solo e oggi siamo 153 cori attraverso le città negli Usa con più di 4000 cantanti. Lavoriamo bene perché investiamo nelle persone giovani. Il nostro è un programma che lavora per 90 scuole pubbliche con bambini e adolescenti dai 6 ai 18 anni. I nostri coristi imparano a cantare ad alti livelli; alcuni cantano professionalmente e lavorano già nel frattempo anche in altri settori».
«Quando un bambino viene al mondo cosa fa istintivamente? – si e ci chiede Lee -. Canta, suona, balla e sua mamma gli canta la ninna nanna. Ma quando cresciamo ce ne allontaniamo. La missione di “Uniting Voices” si basa sulla convinzione che la musica sia un veicolo per promuovere empatia e rispetto tra i giovani di tutte le razze, etnie, contesti socioeconomici, religioni, identità di genere e orientamenti sessuali. Crediamo che l’educazione musicale debba essere facilmente accessibile, indipendentemente dalle circostanze economiche. Ecco perché quasi tutti i cantanti dei nostri programmi partecipano a una quota agevolata. Grazie a questo tipo di attenzione economica la musica diventa accessibile a tutti».
Quando ha iniziato a lavorare con “Uniting Voices”? Cosa significa la musica per lei?
«Ho iniziato nel ’98, ’99 ricoprendo il ruolo di direttrice artistica. Dal 2010 sono anche presidente di Uniting Voices. Essendo coreana, americana e nata a Chicago posso dire che la musica è il mio (e nostro) passaporto per il mondo. Suono il piano e il violino da quando avevo 3 e 5 anni, e canto da tutta la vita. La musica è sempre stata la lingua che ho capito meglio, tramite la quale ho potuto comunicare con il mondo. Fare stare bene i bambini in veste di direttrice del coro è un onore».
Da poco vi siete esibiti a Varese, a seguito dell’invito dell’associazione Solevoci. Com’è andato il concerto e come è nata la vostra collaborazione?
«È stato un successo, il pubblico era entusiasta! Non si aspettavano uno spettacolo di così alto livello. Nonostante il cambiamento di location a causa delle piogge, la performance non ha subito contraccolpi di alcun genere. È stata Alessandra Zinni a contattarci a nome di Solevoci manifestandoci insieme a Fausto Caravati la volontà di invitarci qui a Varese: «Adoreremmo avervi qui».
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