Scena muta all’orale di maturità: “Messaggio pericoloso”
L'assessore regionale Francesca Caruso cita gli istituti Ferraris di Varese, Candiani-Bausch di Busto Arsizio e Galileo Galilei di Legnano come esempi per l'alto numero di diplomati con il massimo dei voti
«Mentre in alcune regioni italiane si discute dei maturandi che hanno scelto di tacere all’orale per protesta, in Lombardia sono stati gli studenti a dare una risposta chiara».
Non a parole, ma con i fatti. Affrontando fino in fondo la prova dell’Esame di Stato. Anche quando avrebbero potuto evitarla. «Altro che scena muta – afferma Francesca Caruso, assessore alla Cultura di Regione Lombardia –: qui ci sono ragazzi che hanno scelto di esserci, di mettersi in gioco, di confrontarsi. Lo hanno fatto non per obbligo, ma per rispetto. E per dignità» . È il caso di sei scuole del territorio lombardo: il Liceo Scientifico “Ferraris” di Varese; il Liceo Artistico Musicale Coreutico “Candiani-Bausch” di Busto Arsizio; il Liceo “Galileo Galilei” di Legnano; gli istituti “Donegani” e “Besta-Fossati” di Sondrio; l’Istituto “Terragni” di Olgiate Comasco. Scuole che si sono distinte per l’alto numero di diplomati con il massimo dei voti, ma soprattutto per il comportamento esemplare dei loro studenti.
“La scuola – ha proseguito l’assessore – non è un palcoscenico per gesti eclatanti, ma uno spazio di crescita. Tacere all’orale, anche se formalmente possibile, lancia un messaggio pericoloso: che l’impegno è facoltativo, che il merito è negoziabile. È l’opposto del modello culturale che dobbiamo trasmettere”. Caruso ha quindi sottolineato come molti studenti abbiano affrontato l’esame con serietà e determinazione, ottenendo voti eccellenti, in diversi casi anche la lode.
«Alcuni lo hanno vissuto con rigore, altri come un’occasione di espressione collettiva. In tutti, ho visto maturità, rispetto per il percorso fatto e senso di responsabilità”. “E non si tratta solo di numeri – ha concluso l’assessore – ma di segnali forti. Questi giovani non hanno cercato scorciatoie. Hanno capito che la maturità non è una pratica da sbrigare, ma un rito da vivere. Il mio grazie va ai dirigenti scolastici, ai docenti, alle famiglie. Ma soprattutto a loro: studentesse e studenti che, con i fatti, hanno dato una lezione profonda. Di rispetto. E di presenza».
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