Settant’anni di stampi plastici, di famiglia e di futuro: la sfida della Rachelli a Gazzada Schianno

Dai primi stampi all’impegno per il compostabile, passando per l'automotive: l’evoluzione della Elio Rachelli snc, che parte da Gazzada Schianno

«Siamo un’azienda familiare al cento per cento», racconta Maurizio Rachelli, responsabile ricerca e sviluppo e comunicazione clienti della Rachelli Elio SNC. Una realtà nata nel 1954 grazie al nonno, che – dopo le prime esperienze nel settore – decise di mettersi in proprio, specializzandosi nella costruzione di stampi per le materie plastiche.

In quegli anni i polimeri rappresentavano l’avanguardia: materiali nuovi, versatili, destinati a rivoluzionare la produzione industriale e la vita di tutti i giorni. Oggi, a settant’anni di distanza, l’azienda continua a muoversi tra tradizione e innovazione, con una quarantina di dipendenti e una guida saldamente in mano alla famiglia: innanzitutto dai due fratelli Maurizio e Sara, ma anche ai genitori di Maurizio fino a sua moglie.

La storia della Rachelli è stata raccontata nell’ambito di Materia d’Impresa, la rubrica di VareseNews realizzata insieme a Materia, che ogni settimana porta alla scoperta di un’azienda del Varesotto.

Dall’automotive al packaging alimentare

Dai primi giocattoli e occhiali realizzati negli anni ’60, passando per i tappi delle bottiglie e più avanti la componentistica automobilistica, l’azienda ha seguito l’evoluzione dei mercati. Negli anni Ottanta, con l’esplosione della plastica nelle auto, è arrivata la collaborazione con il settore automobilistico: «Che in quegli anni voleva dire avere a che fare con almeno tre grandi aziende italiane – Fiat, Alfa Romeo, Lancia – ma anche con alcuni produttori tedeschi – spiega Maurizio Rachelli – Purtroppo però questo è un settore che dall’Italia è sparito, mentre fino a qualche anno fa è stato ancora forte in Germania» Oggi però il settore automobilistico è in forte calo. Per questo la Rachelli ha scelto di puntare anche su altri campi: «Lavoriamo ancora per il settore automobilistico, ma abbiamo cominciato anche a guardarci intorno. In realtà, saggiamente, mio padre e mia madre avevano già diversificato in altri settori come la cosmetica. Ora però lavoriamo soprattutto il packaging alimentare, dove i grandi numeri garantiscono stabilità e prospettive di crescita».

La nuova sfida: i materiali compostabili

Negli ultimi anni l’azienda ha deciso di fare un passo ulteriore: non più solo terzisti, ma produttori di un proprio articolo. Grazie all’esperienza maturata con i biopolimeri, hanno incominciato a studiare un prodotto nuovo: piatti, bicchieri e posate realizzati in materiali compostabili e biodegradabili.

La vera sfida, sottolinea Maurizio, non è tanto tecnica, quanto burocratica: ottenere tutte le certificazioni necessarie per garantire sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale. «La parte tecnica e di progettazione, in fondo, è stata quella più semplice. Il percorso più lungo – spiega – è quello che assicura la certificazione della biodegradabilità di ciò che abbiamo realizzato. Quando però arriverà “il bollino”, sarà un valore aggiunto non solo per noi, ma anche per chi userà i nostri prodotti, che avranno una sicurezza in più».

Un futuro ancora familiare

Rimanere in Italia, mantenere un legame forte con i lavoratori, non cedere alle sirene delle delocalizzazioni: sono tutte scelte che hanno segnato la storia della Rachelli Elio SNC, come succede in tante piccole aziende italiane:  «L’imprenditore di un’azienda familiare è legato al lavoro e al prodotto che vuole fare: senza guardare magari ai margini, ai mercati a cercare, all’aumentare il numero di pezzi per venderli: vuol fare solo dei pezzi belli da dare ai clienti. Secondo me l’imprenditore a volte soffre di questa cosa, quella di pensare più a quello che darà al cliente che a quanto gli costa, o a dare qualcosa di proporzionato al prezzo – spiega Rachelli – Negli anni passati i grossi costruttori di auto chiedevano ai fornitori di spostarsi all’estero, in paesi dove costava meno produrre: ma questo significava spostare l’azienda. E un’impresa familiare difficilmente si sposta, non solo perché i familiari lavorano dentro, ma anche perché dà lavoro a persone che abitano nello stesso comune, nello stesso giro di persone. Questo vuol dire che quando tu devi prendere alcune decisioni su investimenti, delocalizzazione, acquisto di materiale all’estero, pensi anche che non ci sei solo tu, magari ci sono altre trenta persone e trenta famiglie che dipendono da decisioni che magari a te converrebbero. L’imprenditore delle piccole e medie imprese, per come la vedo io, ha più variabili da prendere in considerazione di quelle strettamente economiche».

Guardando al futuro, comunque, la speranza è che la tradizione possa continuare: «I miei figli sono ancora piccoli – dice Maurizio – e sarà giusto che scelgano da soli. Ma come ogni imprenditore, spero che un domani decidano di portare avanti questa realtà nata quasi settant’anni fa: perchè come un figlio, quando l’hai vista crescere, ti farebbe piacere che anche l’azienda possa continuare nel tempo».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 22 Settembre 2025
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