Al Gagarin di Busto nasce Mir: una “comunità” per sostenere la musica dal vivo
Il Circolo introduce per la prima volta un programma di abbonamento ai concerti, con l’obiettivo di sostenere la musica dal vivo e creare una comunità attiva attorno alla scena indipendente
Con il lancio di Mir – Comunità sonora, il Circolo Gagarin di Busto Arsizio introduce per la prima volta un programma di abbonamento ai concerti, con l’obiettivo di sostenere la musica dal vivo e creare una comunità attiva attorno alla scena indipendente.
Realtà attiva sul territorio dal 2016 a Busto Arsizio e già protagonista di numerosi concerti ed eventi della scena indipendente, per la nuova stagione ha lanciato un programma di abbonamento dedicato alla musica dal vivo. Ne abbiamo parlato con Francesco Castiglioni, direttore artistico del Circolo.
Ci può raccontare in breve che cos’è Mir – Comunità sonora e come nasce?
«Mir – Comunità sonora è un programma di abbonamento pensato sulla nuova stagione dei concertivdel Circolo. Ogni anno proponiamo circa una quarantina di live, da settembre a maggio. L’idea nasce osservando quello che accade in altre venue europee, in particolare in Francia, dove spazi simili al nostro hanno quasi sempre una formula di abbonamento. Questo sistema garantisce innanzitutto un sostegno economico ancora prima che il concerto si svolga, un aspetto fondamentale in un periodo in cui i costi della musica e di tutto ciò che vi ruota attorno sono in forte aumento».
Quali artisti partecipano a questa comunità sonora e quanto è variegata l’offerta musicale?
«Sul nostro sito è già disponibile un calendario ricco di appuntamenti che copre fino a fine gennaio, con altre date in arrivo nei prossimi mesi. Lavoriamo soprattutto con concerti dal vivo legati alla musica underground e sperimentale, quella che spesso trova meno spazio nei contesti più commerciali.
Proponiamo band del territorio ma anche artisti provenienti dall’estero: di recente, ad esempio, abbiamo ospitato un gruppo di New York. Quanto ai generi, la programmazione spazia dal metal più estremo fino all’indie, senza escludere incursioni nella musica elettronica quando troviamo i progetti giusti».
Ci sono altre iniziative simili in Italia?
«In Italia non ci sono molti esempi. Alla Triennale di Milano esiste un programma di abbonamenti, ma riguarda anche altri ambiti oltre ai concerti. Su piccole venue indipendenti come la nostra non abbiamo riscontrato iniziative analoghe».
Perché è importante organizzare un programma di questo tipo?
«Innanzitutto volevamo capire la risposta dei nostri soci. È stato un esperimento per misurare l’interesse e il coinvolgimento verso la musica dal vivo, intesa non solo come esperienza passiva, ma come partecipazione attiva a sostegno dello spazio e della sua crescita.
Con la formula “supporter”, ad esempio, l’abbonato può partecipare alle riunioni di programmazione della stagione. Per noi è un arricchimento: ascoltare chi ha gusti e sensibilità diverse ci aiuta a innovare e a mantenere il polso di ciò che può interessare di più al pubblico».
Come descriverebbe oggi l’ambiente sociale – tra artisti e spettatori – che si è formato attorno al Circolo Gagarin?
«La dimensione ridotta del nostro spazio è, paradossalmente, una fortuna: consente un contatto diretto e concreto tra chi suona e chi ascolta. Ci piace molto vedere che, al termine dei concerti, musicisti e spettatori possano semplicemente fermarsi a bere una birra insieme. Inoltre, tra le giovani band locali si sviluppa spesso una rete di relazioni che va oltre il singolo evento. Il concerto, insomma, non si esaurisce con la fine della serata: i legami creati in quel contesto continuano anche dopo».
Foto dalla pagina Facebook del Circolo Gagarin
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