Pasquale Abatangelo: “Il carcere di oggi è peggiore di quello degli anni ’70″
L’ex militante e protagonista delle lotte dei detenuti ripercorre quarant’anni di storia italiana tra conflitto sociale, memoria personale e rappresentazione cinematografica. Mercoledì 19 novembre a Materia la proiezione di "Pensando ad Anna"
Rileggere gli anni Settanta significa addentrarsi in una stagione politica e culturale segnata da contraddizioni profonde, tensioni sociali e un acceso conflitto tra movimenti di massa e apparati dello Stato. Pasquale Abatangelo, figura centrale delle lotte per i diritti dei detenuti, è tra le voci che più hanno pagato sulla propria pelle quelle scelte, attraversandole con una consapevolezza che oggi continua a interrogare.
Nelle sue parole emerge prima di tutto la difficoltà di raccontare alle nuove generazioni un periodo storico spesso filtrato, spiega, “quasi esclusivamente dal punto di vista dei vincitori”, attraverso “ricostruzioni storiche contraffatte e manipolate”. Un racconto pubblico che, a suo avviso, avrebbe oscurato il contesto in cui nacque l’ondata di mobilitazioni del Sessantotto e degli anni successivi: un terreno in cui “gli interessi collettivi erano più importanti di quelli individuali”, in netto contrasto con l’attuale predominio delle logiche neoliberiste.
“Il carcere è cambiato, ma in peggio”
Se c’è un tema che attraversa l’intera esperienza di Abatangelo è quello della condizione carceraria. La sua analisi è dura e diretta: il sistema penitenziario contemporaneo, sostiene, è “peggiore di quello degli anni Settanta”. A segnare il solco sarebbero nuove norme repressive, regimi differenziati sempre più severi e una criminalizzazione anche delle proteste non violente dei detenuti. Quel che resta delle conquiste ottenute attraverso scioperi, rivolte e battaglie collettive sarebbe ormai “poca cosa”, spiega, e il carcere tenderebbe oggi a un ulteriore inasprimento. Da qui la sua convinzione: “L’unica soluzione è la lotta per la sua abolizione e per una giustizia sociale alternativa”.
Tra memoria, relazioni e responsabilità
Nel film Pensando ad Anna – che mercoledì 19 novembre alle 21 verrà proiettato a Materia (PRENOTA QUI IL TUO POSTO) – la dimensione personale si intreccia con quella politica. La figura di Anna, compagna di vita e di percorso, attraversa tutta la narrazione e permette ad Abatangelo di riflettere sulla relazione tra affetti e militanza. Le scelte, anche quelle più difficili, non sarebbero mai state individuali, ma “frutto di un confronto sincero e a volte sofferto”, condivise con chi ha condiviso valori e obiettivi.
Partecipare alla ricostruzione cinematografica della propria storia ha comportato inevitabilmente una forma di esposizione. Abatangelo ammette di aver scoperto di avere “anche le qualità per fare l’attore”, ma dietro l’ironia rimane il senso di un lavoro che ha permesso di ripercorrere momenti spesso non raccontati delle lotte carcerarie: episodi segnati da pestaggi, punizioni, condanne lunghissime, ma anche da una solidarietà che ha dato vita a un movimento tra i più rilevanti e meno conosciuti del periodo.
Queste riflessioni saranno riproposte mercoledì 19 a Materia (via Confalonieri 5 Sant’Alessandro Castronno), durante la proiezione di Pensando ad Anna, il film di Tomaso Aramini dedicato alla storia di Abatangelo e alle vicende che hanno attraversato la sua generazione. Un’opera che unisce memoria, militanza e rappresentazione, restituendo la complessità di una vita segnata da scelte politiche radicali e da profonde relazioni personali. Saranno presenti in collegamento sia il regista sia lo stesso Abatangelo.
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