Mezzo secolo fa lo schianto del volo Twa New York-Milano Malpensa. A bordo anche Pavarotti

Il 22 dicembre 1975 l'aereo della Twa si schiantò nella fase finale di atterraggio, in un giorno di grande nebbia. Si spezzò in due, a bordo c'erano 125 tra passeggeri ed equipaggio

Malpensa Generiche

È passato mezzo secolo dal 22 dicembre 1975, la data di uno degli incidenti aerei avvenuti a Malpensa, l’unico di una certa gravità avvenuto proprio a ridosso dello scalo. In quel giorno d’inverno del 1975 il volo 842 da New York si schiantò in fase di atterraggio, per le difficoltà di imboccare correttamente il “sentiero” di atterraggio, a causa della nebbia.

A differenza di due altri schianti avvenuti a Olgiate Olona e a Cuirone di Vergiate, entrambi con vittime, in questo caso le conseguenze furono limitate: tutte le 125 persone a bordo del Boeing 707 si salvarono, nonostante lo schianto che spezzò la fusoliera del velivolo nella parte anteriore. E nonostante alcuni dei passeggeri siano rimasti feriti: tra loro c’era anche il tenore Luciano Pavarotti, che avrebbe fatto causa alla compagnia per un danno a un timpano.

Come avvenne l’incidente al volo Twa a Malpensa?

Il volo da New York, quel giorno, era in ritardo di due ore e all’arrivo in pianura padana il pilota texano Charles Watkins riferì di nebbia fitta. Unico nella giornata, concordò con la torre di controllo che sarebbe atterrato sotto sua responsabilità, come si legge nell’articolo del New York Times il giorno dopo.

«Fu un disastro» raccontò poi Pavarotti. «Il pilota si abbassò per rendersi conto della situazione, poi ha visto che non ce la faceva. Abbiamo fatto un nuovo giro in cielo, curva e nuova manovra. Sembrava di essere in un bicchiere di latte».
Dopo il primo tentativo di atterraggio abortito (come si definisce in linguaggio aeronautico), il pilota effettuò appunto un’ampia virata intorno all’aeroporto e poi si riallineò correttamente alla pista. Ma qualcosa andò storto, quando sembrava che l’atterraggio fosse già riuscito.

«Pensavamo tutto fosse okay, anche se nessuno poteva vedere assolutamente nulla fuori dal finestrino» disse Andree Hoffmann, studente 19enne di Boston. «Abbiamo sentito un forte impatto con il terreno e abbiamo avuto la sensazione che il carrello di atterraggio collassasse, perché l’aereo iniziò a scivolare sulle ali». Subito dopo ci fu lo schianto, che spezzò la fusoliera «tra il compartimento di prima classe e quello della economy», nell’urto con il terreno i motori si staccarono dalle ali, anche se rimasero vicinissimi alla carlinga (si vede anche nella foto che pubblicò il New Tork Times). La nebbia era così fitta che il passeggero di Boston ricorda che essa entrò dentro la fusoliera spezzata, riducendo subito la visibilità.

incidente aereo twa Malpensa 22 dicembre 1975
Foto di Roberto Mocchetti

Anche il racconto di Pavarotti è drammatico: «Eravamo tutti tesi, all’inizio la reazione spontanea è stata quella di un applauso. Bene, era andata. E invece no. L’ala destra si spezzò a metà, attraverso il finestrino ho visto staccarsi uno dei reattori. Poi, poche file di posti davanti a me, l’aereo si è aperto». E ancora: «La cabina e la prima classe mi sono sembrate un enorme tappo che saltava, di fronte ho avuto il cielo e l’aria che mi sferzava il viso. Poi tutto si è fermato di colpo e mi sono trovato immerso in un silenzio innaturale. Solo dopo si sono levate le grida».

I soccorsi al volo Twa a Malpensa, il 22 dicembre 1975

Abordo del velivolo c’erano 125 anime (come si usa dire in linguaggio aeronautico), 116 passeggeri e nove membri dell’equipaggio Twa. Subito scattò il sistema di soccorso, con le squadre dei vigili del fuoco che partirono nella nebbia. Furono subito attivati tutti gli ospedali, in particolare quelli di Somma Lombardo e Gallarate, i più vicini, dove il personale sanitario fu richiamato in massa, ricorda ancora oggi chi lavorava al “Bellini” e al “sant’Antonio Abate” in quel periodo.

Ventisei persone ebbero bisogno di cure mediche, alcune sotto shock. Le ferite più gravi le riportò il copilota, Edward Shuster di New York, 39 anni, che riportò la frattura di una vertebra. Una assistente di volo di 52 anni, cinque passeggeri americani e uno italiano furono ricoverati.

Il New York Times di quel giorno riporta che anche il pilota rimase ferito, ma non risulta da altre fonti. Il maggior quotidiano newyorkese riporta anche che dallo schianto uscì illeso Pavarotti: un dettaglio che è stato poi tramandato in diversi resoconti.
In realtà Pavarotti lamentò poi un danno all’udito, il senso più importante per un tenore. Dopo un’aspra diatriba legale, come si dice, concluse un accordo rimasto riservato.

L’unico volo di quel giorno

Quel giorno il 707 fu l’unico aereo ad atterrare a Malpensa e Linate. Il relitto del velivolo rimase nascosto nella nebbia ancora per alcune ore e poi divenne meta di giornalisti, fotografi aeronautici, abitanti dei dintorni, di quella «area fittamente industrializzata» che da decenni già conviveva con l’aeroporto

(Una foto a colori particolarmente dettagliata fu scattata da Alberto Storti, link diretto a Airliners.net).

Insieme al volo Alitalia, quello della Twa serviva la New York-Malpensa, la più rilevante delle relazioni intercontinentali dell’aeroporto che allora si occupava quasi solo del lungo raggio.
Il numero 842 continuò a caratterizzare il volo Twa New York-Malpensa, in tempi in cui ogni intercontinentale era chiamato “per nome e cognome”.

Pochi anni dopo il debutto delle low-cost, pochi mesi prima dello shock del mondo dell’aeronautica causato dall’11 settembre, l’ultimo Malpensa-NY della Twa decollò il 14 gennaio 2001:

Gli altri incidenti a Malpensa

I due incidenti più gravi a Malpensa risalgono ai due decenni precedenti quello del New York di Twa. Nel 1959 a Olgiate Olona un Super Constellation sempre della Twa fu colpito da un fulmine al decollo, con incendio immediato dei serbatoi: morirono tutte le persone a bordo.
Nel 1968 invece  un Dc-8 Alitalia  si schiantò alle falde del Monte San Giacomo, sopra l’abitato di Cuirone, per un errore di navigazione (il pilota solo all’ultimo si accorse di essersi allineato alla pista dell’aeroclub di Vergiate, invece che a quella di Malpensa). A quest’ultimo episodio è dedicato anche un recente libro che ricostruisce la vicenda da più punti di vista.

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Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 20 Dicembre 2025
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