Passaggi generazionali: a crollare non sono le imprese, ma i pregiudizi

La ricerca sul family business smentisce i luoghi comuni: con la nuova generazione, le performance aziendali migliorano. Un convegno all’assemblea “Oltre il caos” del Gruppo Giovani di Confindustria Alto Milanese

Economia varie

Essere figli o nipoti di imprenditori non significa avere la strada spianata. Anzi, chi appartiene alla terza generazione e si prepara a entrare in azienda viene troppo spesso etichettato come il potenziale “distruttore di valore” del lavoro costruito da genitori e nonni.
Un pregiudizio tanto diffuso quanto superficiale, che continua a pesare sulla cultura del capitalismo familiare italiano. Lo ha ricordato con chiarezza Stefano Rossi, presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Lombardia, intervenuto all’assemblea generale “Oltre il caos”, dedicata al passaggio generazionale e organizzata dai Giovani di Confindustria Alto Milanese all’auditorium Don Besana della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate.

SONO UN IMPRENDITORE DI TERZA GENERAZIONE

«Sono un imprenditore di terza generazione e, ogni volta che lo dicevo, vedevo negli sguardi degli altri un pensiero non detto: “Chissà se andrà bene” – ha sottolineato Rossi -. Partivo sempre con questo peso sulle spalle. La nostra azienda familiare è nata nel 1955: proprio sabato abbiamo festeggiato i 70 anni, e l’hanno costruita mio padre, mio zio e mio nonno».
A riportare il dibattito sui fatti, però, è la ricerca accademica. Salvatore Sciascia, professore ordinario di Economia e management e direttore di Fabula, il laboratorio sul Family Business dell’università Liuc di Castellanza, sgombra il campo dai luoghi comuni con dati e analisi che raccontano una realtà ben diversa.

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DAL CAOS ALLA PACE

Nel suo intervento al convegno, Sciascia ha affrontato il tema del “caos” nelle imprese familiari mostrando come sia possibile trasformarlo in un percorso verso la pace. «Ho pensato di portarvi la pace… fra poco scoprirete che cosa intendo», ha esordito. Sciascia ha presentato i dati dell’Osservatorio italiano sulle aziende di famiglia, che mostrano una crescita costante dei cambiamenti al vertice: dal 3–4% di dieci anni fa al 6–7% attuali, con un picco durante il Covid.
Anche se solo il 2% dei passaggi coinvolge formalmente la nuova generazione, la successione resta un fenomeno esteso perché «il processo che porta al cambiamento dura almeno 6-7 anni».

CAMBIARE LEADERSHIP FA BENE

Contrariamente ai timori, i risultati sono incoraggianti. Le imprese che hanno cambiato leadership tra il 2008 e il 2019 hanno migliorato le performance negli anni successivi. L’effetto è ancora più evidente quando il leader uscente ha più di settant’anni e il successore meno di cinquanta. «Non bisogna avere paura del cambiamento», sottolinea Sciascia.
Per guidare i passaggi generazionali, il professore propone l’acronimo P.E.A.C.E (pianificazione, equità, apertura, compresenza, emozione).  La pianificazione, osserva, non può ridursi agli aspetti legali. Richiede invece dialogo familiare, chiarezza su bisogni e ruoli, definizione di regole di ingresso e crescita. L’equità, intesa come merito, diventa poi criterio essenziale per scegliere chi guiderà l’impresa: «Quando si tratta di leadership va applicato il principio del merito». Elemento decisivo è anche l’apertura alla possibilità che la guida possa essere affidata a figure non familiari, mettendo al centro le competenze più che il cognome.

LEADERSHIP CONGIUNTA

La compresenza tra generazioni, infine, può rivelarsi un vantaggio. Il trasferimento dell’autorità è immediato, ma «il trasferimento di conoscenze, valori e legittimazione richiede tantissimo tempo».
Non sorprende che, oggi, la leadership congiunta sia diffusa e spesso efficace, soprattutto nel contesto post Covid. Lo stesso presidente dei Giovani di Confindustria Alto Milanese, Stefano Peroni, ha sottolineato nella sua introduzione l’importanza della «continuità», termine che preferisce a passaggio generazionale.
Sciascia conclude richiamando il ruolo della motivazione dei giovani. La forma di impegno più solida non nasce dal dovere né dal calcolo, ma da «affetto, identificazione e allineamento degli interessi».
Quando il passaggio generazionale è guidato da questi principi, il caos può davvero trasformarsi in pace. Dentro l’impresa e dentro la famiglia.

“L’azienda del nonno non chiude per colpa dei nipoti”

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Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

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Pubblicato il 04 Dicembre 2025
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