Eventi a Materia

“Per quei bimbi invisibili la Svizzera chieda scusa”

La proiezione del documentario "La legge è tua, il figlio è mio” di Renato Pugina prodotto dalla Rsi ha svelato una storia drammatica che ha riguardato i figli di migliaia di lavoratori stagionali italiani

Materia - Renato Pugina

Una serata carica di emozioni a Materia, dove la proiezione del documentario “La legge è tua, il figlio è mio” – incentrato sulla dolorosa vicenda dei bambini italiani nascosti in Svizzera negli anni dello statuto degli stagionali – sono emersi molti spunti di riflessione. In molti hanno assistito alla proiezione del documentario prodotto dalla Rsi e in prima visione in Italia proprio a Materia. Tra loro anche alcuni figli di migranti, che hanno vissuto la fatica e il dolore per il distacco dalle famiglie di origine.
La causa di tutto questo dolore era lo statuto svizzero dei lavoratori stagionali che è rimasto in vigore dal 1948 fino all’abolizione avvenuta nel 2002 grazie agli accordi bilaterali tra Italia e Confederazione Elvetica. Il famigerato permesso di lavoro “A” non permetteva il ricongiungimento familiare. E così migliaia di bambini figli di emigranti italiani diventarono invisibili, costretti a vivere isolati, guardando il mondo dietro la finestra di casa, con la paura dell’arrivo della polizia.
Si chiedevano braccia per lavorare, arrivarono persone in cerca di un futuro migliore.

Un racconto difficile ma necessario

Il regista Renato Pugina ha spiegato come la raccolta delle testimonianze sia stata emotivamente coinvolgente, anche se resa possibile dal rapporto di fiducia instaurato con chi ha deciso di raccontarsi. Molti hanno preferito restare in silenzio, a conferma di ferite ancora aperte, di un trauma che dall’infanzia, a distanza di decenni, in molti resta e fa ancora male.
Interessante l’osservazione sul diverso impatto del documentario tra il pubblico italiano e quello svizzero. Durante le proiezioni in Svizzera alcune scene, come quella della bambina che raccontava ai suoi coetanei di mangiare fondue tutti i giorni e non la pasta come gli italiani, hanno suscitato risate liberatorie. In Italia, invece, la stessa scena è stata letta come tragica, segno di una sofferenza più vicina e sentita. Espressione di un bisogno di appartenenza sociale negato.

Italianità, tra stigma e riscatto

Con il regista e con Michele Mancino, vicedirettore di Varesenews che ha moderato il dibattito, si è discusso anche dell’evoluzione dell’identità italiana in Svizzera: da simbolo di emarginazione a emblema di socialità e cultura. Una trasformazione incarnata, nel documentario, dallo scrittore italo-svizzero. Gli italiani hanno infatti contribuito non solo alla costruzione fisica della Svizzera, ma anche all’evoluzione della sua dimensione sociale. La convivialità dei lavoratori italiani, che ha nella cucina un punto di forza straordinario, ha contaminato positivamente anche la società elvetica, in genere più chiusa: «Oggi tutto ciò che è italiano in Svizzera fa tendenza» ha sottolineato l’autore del documentario.

Le ferite invisibili

Diversi interventi hanno sottolineato il peso psicologico e affettivo che questi bambini hanno portato con sé: dalla solitudine forzata, al senso di esclusione, fino alla difficoltà di elaborare un trauma a lungo taciuto anche all’interno delle famiglie. Alcuni spettatori hanno notato come, nonostante tutto, l’ingresso a scuola rappresentasse un momento liberatorio e di riconnessione con l’infanzia.
Si è sottolineato anche come in Italia la questione dello statuto degli stagionali e delle sue conseguenze sia stata poco raccontata, fatta eccezione per alcuni lavori giornalistici negli anni ’80. In Svizzera, invece, il tema è più presente nel dibattito pubblico.

Domande ancora aperte e scuse ufficiali

Dal pubblico sono arrivate anche domande sulla selezione dei protagonisti, sul lavoro di ricerca delle immagini d’archivio (in particolare dal materiale dell’archivio di Oppido Lucano e dalla TV svizzera), e sulle statistiche: quanti bambini? Quanti rimasti? Il regista ha citato stime tra i 15 e i 30 mila casi, ma ha sottolineato la difficoltà di avere numeri certi.

Una domanda ha riguardato le eventuali scuse ufficiali da parte della Svizzera. Esiste oggi un’associazione, “Tesoro”, fondata da ex bambini nascosti, che sta portando avanti una battaglia per il riconoscimento politico e morale del torto subito.

Infine, un passaggio condiviso da tutti: questa storia parla anche al presente. Molti hanno evidenziato i paralleli con l’attuale trattamento riservato ai migranti e ai loro figli in Italia. Le discriminazioni, la separazione dalle famiglie, la negazione dei diritti fondamentali: «Le scuse le deve la Svizzera, ma forse anche noi».

Il dibattito si è chiuso con un ringraziamento sentito al regista per aver sollevato il velo su una pagina di storia dimenticata e con l’auspicio che il documentario possa circolare il più possibile, soprattutto tra le comunità italiane all’estero.

LEGGI L’INTERVISTA ALL’AUTORE RENATO PUGINA

“La legge è tua, il figlio è mio”. La memoria ferita degli emigranti italiani in Svizzera

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 30 Ottobre 2025
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