Maroni: “Nella mia terza vita farò tante cose e (finalmente) andrò anche in barca”

Il presidente della regione Lombardia racconta come mai non si è ricandidato e come vede il proprio futuro. “Non rinuncio alla politica e il Nord è nel mio cuore anche se non è più nel simbolo della Lega”

Panorama d'Italia a Varese

«Ho iniziato la mia carriera politica 28 anni fa a Varese come consigliere comunale d’opposizione, e la finirò con lo stesso ruolo sugli stessi banchi. Allora, nel 1990, quando entrai a Palazzo Estense il sindaco era Bronzi. Ora dico addio alle cariche istituzionali e dedicherò la mia terza vita ad altro».

Non si sa quanto credere alle parole di Roberto Maroni, ma lui è sereno e accetta di fare una chiacchierata che pian piano si trasforma in una intervista.

«L’aspetto più importante dopo tanti anni di impegno è la reputazione. In questi giorni sto raccogliendo tante lettere che mi sono state inviate. Diverse sono di amministratori che militano in partiti diversi dal mio. Come quella del sindaco di San Pellegrino Terme o il presidente della Provincia di Pavia che dopo essersi detto dispiaciuto per la mia decisione di non ricandidarmi, mi ha augurato buon cammino».

È difficile credere che lei lasci la politica…

«Infatti non l’ho mai detto. La politica è una passione, è un amore che non si può lasciare. Un po’ come il Milan. Comunque vada resta sempre un punto di riferimento. Ho detto che non intendo più ricoprire cariche istituzionali. Se fossi utile resto a disposizione, ma la mia vita ora ha altri orizzonti».

Quali?

«Ho diverse proposte per alcuni progetti davvero interessanti, ma è prematuro parlarne ora. Intanto sono entrato nel Consiglio di amministrazione della Fondazione della Triennale. Venerdì scorso abbiamo eletto Stefano Boeri presidente e sono contento di potermi impegnare per questa grande e prestigiosa realtà per i prossimi quattro anni. L’altra attività sicura è la traversata oceanica in barca a vela che farò dal 25 novembre al 15 dicembre prossimo da Tenerife alla Martinica. Poi tornerò a fare l’avvocato. Sto già seguendo alcuni processi penali che riguardano alcuni amministratori messi sulla graticola da una magistratura che ormai li equipara alla criminalità organizzata. C’è qualcosa che non va quando un uomo come Giuseppe Orsi, ex presidente di Finmeccanica, viene arrestato e poi assolto dopo sei anni. Intanto però la sua vita è rovinata per sempre. Lo stesso rischio che sta correndo la sindaca di Montichiari condannata a tre anni per aver preso delle decisioni su una discarica che produceva problemi sanitari».

Nella sua carriera politica ha fatto il consigliere comunale, il presidente del consiglio comunale, l’assessore, tre volte il ministro, il capogruppo alla Camera, il segretario della Lega e per finire il presidente della Regione Lombardia. Le manca da fare il sindaco, il presidente di Provincia, il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio. Ci vuol far credere che se le chiedessero di fare il premier rinuncerebbe?

«Non la vedo proprio come una possibilità reale. Si è parlato tanto di un mio accordo con Berlusconi, ma non è vero. Piuttosto credo che il vero gioco inizierà il 5 marzo».

Cosa intende dire?

«Adesso è come se le squadre fossero negli spogliatoi e non penso che la situazione politica resti quella che stiamo vedendo in questi giorni. Dopo il voto non ci sarà una maggioranza stabile, ma non si tornerà a votare a breve. Piuttosto vedremo i maggiori movimenti nel centro destra perché con l’uscita di scena di Berlusconi non possiamo sapere cosa succederà a Forza Italia. Lì si apriranno spazi politici interessanti e la vera partita inizierà allora».

Beh, anche in casa vostra la situazione non è tranquillissima. Dalla Lega Nord si è passati alla Lega Salvini con buona pace per le istanze del Nord e della Padania…

«Il Nord è sparito solo dal logo, non dai nostri punti di riferimento. Io sono per Prima il Nord e la mia battaglia politica è sempre stata questa. Non posso nascondere però che in questo momento c’è un certo malcontento».

Si riferisce a Fava?

«Non solo a lui. Dal Veneto al Piemonte c’è chi non vede bene la svolta del movimento. Guardo con tristezza anche alla situazione di Umberto Bossi che resta il mio fratello maggiore, il mio riferimento come Pantheon. Vedergli negare la parola a Pontida non è stato un bel momento e fossi stato al suo posto mi sarei ritirato, ma lui crede ancora alla vecchia Lega».

Come andrà a finire il 5 marzo?

«1X2 come le vecchie schedine del Totocalcio. Non c’è risultato certo. 1 vince il centro destra, X non vince nessuno, 2 ci sarà una sorpresa con M5S, Lega e Fratelli d’Italia che avranno la maggioranza per governare».

Non la preoccupa quest’ultima possibilità?

«No, anche perché c’è già stato un precedente nel 1994 quando un leghista entrò al Viminale. Allora questa scelta fece scalpore e si disse che avrei spaccato tutto, che non avrei più fatto la lotta alla mafia preoccupandomi solo del Nord. Si arrivò a ribattezzare come Piminale il ministero dell’Interno. Nicola Mancino si dimise prima per non dover passare le consegne a un leghista».

Ma il timore oggi è quello di vedere dilettanti allo sbaraglio…

«Oggi rispetto a vent’anni fa ci sono tanti controlli esterni che rendono impossibile ai governi nazionali di fare troppi disastri. Certo, non è quello che auspico, ma se torniamo al ’94 le critiche sono le stesse. Allora si preferì Speroni a Miglio che sicuramente era più preparato in materia costituzionale. Insomma Bossi scelse l’incompetenza certa ma non ci furono problemi».

Insomma… quell’esperienza non sembra un buon esempio perché durò pochissimo.

«Si, ma per ragioni politiche e non per l’incompetenza. Bossi si preoccupò perché temeva che Berlusconi avrebbe distrutto il bacino elettorale della Lega, e così mise fine all’esperienza di Governo».

C’è comunque un problema politico con una destra sempre più lepenista…

«Il lepenismo è morto. Lo ha dichiarato Marine Le Pen stessa perché quella stagione è chiusa. Poi cosa significherebbe? Che c’è il fascismo? Direi che in questi giorni di violenza ne vediamo da tutt’altra parte visti gli scontri alimentati dai centri sociali».

Non la preoccupa il rischio di una deriva di estrema destra?

«Il ritorno del fascismo è una farsa. Una vicenda come quella che abbiamo vissuto con il ventennio non è più possibile. Abbiamo gli anticorpi democratici e il Nord è refrattario al fascismo. Qui è nata la resistenza e qui ci sono le forze democratiche che sono vive e attive. Io stesso faccio parte di quella cultura e non accetterò mai di vedere la Lega trasformarsi in un partito di estrema destra».

Quindi se si presentasse l’occasione, kairos, ovvero il tempo giusto, con una parola greca che lei pronuncia spesso, potrebbe riprendere l’attività politica?

«Kairos adesso per me è pensare alla mia terza vita. Ho 63 anni e dopo anni di formazione e lavoro, poi di cariche istituzionali, ora voglio coltivare della passioni e fare le cose che più mi interessano».

Ma quando ha iniziato a pensare a questa scelta e quindi ha preso la decisione di non ricandidarsi?

«Durante le vacanze della scorsa estate. Ne ho parlato in famiglia e solo con alcuni amici stretti. Ci ho voluto pensare con calma. Poi avevamo il referendum sull’autonomia e così siamo arrivati a fine ottobre. Subito dopo ho affrontato la questione con Salvini e Berlusconi. Sono loro che mi hanno chiesto di aspettare a parlarne pubblicamente perché volevano vedere se si fosse andati al voto con l’election day o meno per decidere quale candidato scegliere. Appena abbiamo avuto la certezza della data e della modalità del voto ho convocato la conferenza stampa in regione e ho annunciato di non ricandidarmi. Le cose sono andate così e basta verificare le date».

Cosa pensa della candidatura di Fontana?

«È un’ottima scelta e vincerà».

Gli sta dando dei consigli?

«Non ne ha bisogno. Io resto presidente della Regione fino a metà marzo. Questo è il mio ruolo e lui sa cosa andrà fatto dopo. Molti assessori non resteranno in Lombardia perché sono candidati per il Parlamento. Vedremo come verrà composta la nuova squadra, ma non sarà un problema mio».

Rimpianti?

«No. La mia soddisfazione maggiore è stato leggere che per il 66% dei lombardi sono stato un buon presidente e ho svolto bene il mio lavoro. Non potrei chiedere di più, anche perché in questi anni ho governato avendo ottimi rapporti con tutti, anche con i tanti amministratori delle città guidate dal centro sinistra. Perfino con Beppe Sala,  che è pure interista».

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 20 Febbraio 2018
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