Mario Chiesa resta in carcere

Lo ha disposto il gip Banci respingendo l'istanza di scarcerazione proposta dal legale Massimo Dinoia

Mario Chiesa resta in carcere. Così ha disposto il gip del tribunale di Busto Arsizio Donatella Banci Buonamici, respingendo l’istanza di scarcerazione proposta dal legale di Chiesa, Massimo Dinoia, secondo il quale non sussitevano non solo le esigenze cautelari (pericolo di fuga, di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove), ma i fatti stessi contestati. La linea difensiva sosteneva la totale estraneità del primo indagato di Mani Pulite alle accuse mossegli dalla Procura, nella persone del pm Luca Gaglio, in relazione agli smaltimenti irregolari di rifiuti documentati dall’operazione Rewind portata a conclusione dal Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri di Milano. Ma le ipotesi di reato formulate – smaltimento illecito di rifiuti, truffa aggravata allo Stato e associazione per delinquere – evidentemente non sono state smontate dalla difesa “integrale” adottata a tutela dell’assistito da Dinoia. La decisione, attesa, viene quindi a confermare per ora il lavoro svolto dagli inquirenti, che si basa soprattutto su numerose intercettazioni. A detta del legale vi si trovava un Chiesa che insisteva sulla massima legalità, ma sui quotidiani è stata spesso citata la battuta in cui l’accusato si lasciava andare a considerazioni del tipo “Qui bisogna rubare a tutta manetta”.

Con Chiesa erano stati arrestati i fratelli A.B., M. B. e M.B., titolari dell’azienda “La Solarese” che opera nella zona di Saronno, e quattro camionisti: altre due persone erano finite ai domiciliari. Questi ultimi hanno ammesso il loro ruolo nei fatti, e uno è stato presto scarcerato. Dei tre fratelli uno è stato ascoltato ieri in Procura dal pm Gaglio, dopo essersi in un primo momento avvalso della facoltà di non rispondere, aggiungendo quindi altra carne al fuoco dell’indagine: avrebbe ammesso, confermando sostanzialmente i fatti contestati, ossia i pesi gonfiati dei rifiuti e Chiesa come procacciatore di appalti alla società. L’inchiesta aveva preso le mosse dall’operazione Grisù, che nel 2005 mise a soqquadro Accam sempre sul filone rifiuti, coinvolgendo anche importanti personaggi della politica locale, in seguito prosciolti. A seguito di approfondimenti è emerso che La Solarese avrebbe gestito in modo fraudolento trattamento e smaltimento delle terre di spazzamento stradale, un rifiuto in sè non pericoloso. Le si inviava senza preventivi trattamenti a discariche del Pavese, del Bresciano e del Cremonese tramite un giro-bolla e con un falso codice Cer, quello che classifica i rifiuti. Tra l’altro si alteravano sistematicamente i pesi dei carichi e si gonfiavano le fatture, falsificando anche i certificati relativi alle analisi. Tra le contestazioni, anche la corruzione di dipendenti pubblici e privati addetti a pesatura e controllo rifiuti e turbative d’asta per l’affidamento dei servizi. Accuse, in particolare queste ultime due, cui la difesa di Chiesa ha opposto un diniego totale. L’ex esponente socialista, il cui arresto il 17 febbraio 1992, quando era amministratore del Pio Albergo Trivulzio, aprì l’era di Mani Pulite, sarebbe stato il dominus della “Servizi Ecologici Milano”, società nominalmente affidata alla moglie. L’azienda avrebbe fatto intermediazione tra La Solarese e le muncipalizzate: il volume d’affari sviluppato dal “sistema Chiesa” a suon di fatture gonfiate, costi lievitati, camionisti pagati (e tacitati) con sostanziosi buoni pasto e benzina avrebbe superato i due milioni di euro. Si abrava insomma sul peso: una truffa «classica» nell’ambito dei reati ambientali, come ammetteva lo stesso procuratore di Busto Arsizio Francesco Dettori. Ma resa clamorosa dalla notorietà del principale indagato.

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Pubblicato il 10 Aprile 2009
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