“Faccio il cappellaio, ma nessuno usa più cappelli”

Cento anni di storia per l’ultimo cappellaio della città Gianbattista Bellini: “Tra cinque anni vado in pensione. Il mio cliente migliore ormai è solo il freddo”

Gianbattista Bellini, Cappellaio«Mio padre e mio nonno facevano i cappellai come me, ma oggi non c’è più nessuno che usa il cappello». Gianbattista Bellini ha 62 anni e tra cinque andrà in pensione. Vende cappelli, da 40 anni, e suo padre prima di lui, e ancora prima suo nonno, che aprì quel negozio in centro a Saronno.
Proprio quest’anno l’esercizio compie cento anni di attività, ma dopo di lui nessuno andrà più avanti, a meno che, come dice lo stesso Gianbattista, non ci sia un pazzo che voglia portare avanti questa tradizione. «Non è un problema di crisi economica, solo che i miei due figli hanno preso altre strade – spiega – e oggi sinceramente non so quanto serva un cappellaio. Una volta, se si guardano le foto del passato, in una piazza si contavano sulle dita di una mano le persone senza cappello. Oggi si contano quelle che ce l’hanno. Non si era vestiti completamente se si usciva senza cappello. Adesso gli affari vanno bene quando fa freddo, quando la gente vuole coprirsi la testa. Il mio cliente migliore è proprio il freddo».

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Bellini non parla con amarezza o con nostalgia. Ha più una sorta di rassegnazione: «Le persone cambiano, gli stili si evolvono – racconta -. Sono orgoglioso del percorso che ho fatto e mio padre forse aveva proprio ragione quando diceva che questo mestiere per farlo devi conoscerlo». Infatti, Gianbattista, prima di lavorare in negozio, nel ’62 è stato mandato dal padre a lavorare in una fabbrica di cappelli per dodici anni. Solo nel ’74 ha preso in mano l’attività: «L’ho capito con gli anni ma aveva ragione nel dire che due generazioni diverse non possono stare nello stesso negozio».

Cappellaio SaronnoIl cappellaio di Saronno è molto conosciuto, soprattutto tra gli anziani della città. Poco prima dell’intervista un uomo sulla settantina ha chiesto un cappello per la spiaggia e Giambattista l’ha servito per circa dieci minuti consigliandolo sulla forma e sulle caratteristiche del cappello. «Le nuove generazioni sono abituate a comprare al supermercato – racconta -, arrivano, toccano, cercano l’ultimo modello. Non cercano la professionalità e l’esperienza. Ma ho comunque la mia clientela per ora».
Una volta i negozi Bellini erano ben quattro in città, gestiti fratelli o zii. Con il passare degli anni è rimasto solo Giambattista. Il padre aveva anche creato una sorta di marchio insieme ad altri parenti che avevano aperto a Cremona e Milano. Nel logo, sotto il nome “Bellini”, compariva la dicitura “Milano-Saronno-Cremona”.
«Faceva scena – spiega ridendo Gianbattista -, era come avere un marchio. Ne tengo ancora di questi cappelli, sono belli. Questa attività ha cento anni e ne sono fiero. Ma se pensiamo agli ombrelli la mia famiglia conta anche duecento di anni di attività, considerando gli ambulanti». «Finchè dura vado avanti – conclude sorridendo -, poi arriverà la pensione anche per me. E per i miei cappelli».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Giugno 2010
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