Ipc Verri, rivolta contro “una ‘tassa’ non dovuta”

Otto famiglie, esasperate dalle pressioni sulle figlie dopo aver rifiutato di versare 140 euro di contributi (per corsi formativi che erano stati sospesi), hanno chiesto l’assistenza del Movimento Difesa del Cittadino

Quello che era un singolo precedente diventa focolaio d’epidemia. La scuola chiede un contributo da 140 euro: ne ha facoltà, ma per la legge 40/2007 tale contributo è esclusivamente volontario. Quando alcuni genitori dicono no, le figlie, otto studentesse di classe quinta dell’Ipc Verri di Busto Arsizio, si rirovano a subire "trattamenti disparitari e persino intimidatori”. È quanto denuncia il Movimento per la Difesa del Cittadino, sezione di Varese (attiva dal 2006), tramite la presidente, avvocato Maria Teresa Vaccaro, su segnalazione di un gruppo di genitori.

Tutto ha avuto inizio durante il passato anno scolastico. Agli studenti di classe quarta dell’indirizzo per operatore dei servizi sociali vengono negate le ore della cosiddetta "terza area", l’offerta formativa extradidattica che la scuola dovrebbe organizzare. Ciò "senza alcuna comunicazione alle famiglie", recita la nota di MDC, e alla richiesta di informazioni a riguardo "ci è stato detto che mancavano i fondi per organizzare il progetto” denunciavano i genitori interessati. Lo conferma a Varesenews la signora Paola Murari, rappresentante di classe e portavoce dei genitori oppostisi a versare anche quest’anno il contributo, visto il precedente: «il corso di fisioterapia avviato era stato sospeso dopo tre lezioni perchè mancavano i soldi», ma senza comunicazione formale in tal senso. Niente attività extra, niente contributo, l’ineccepibile pensiero di molti.
Purtroppo non era così facile: nel contributo di 140 euro richiesto dal Consiglio di istituto alle famiglie è compresa la quota assicurativa, senza la quale gli studenti non godono della garanzia di indennizzi mentre sono in classe e non possono lasciare le aule per seguire incontri extrascolastici o partecipare a gite. I genitori avevano chiesto formalmente alla dirigenza di comunicare a quanto ammontava la quota relativa all’assicurazione, per pagarla a parte, come intendevano: la risposta è stata che la cifra è "conglobata" nel totale di 140 euro, da corrispondere, quindi, integralmente. «O così, o farsi un’assicurazione autonoma». Ma non era un contributo volontario? Se lo è, non può far riferimento a voci di spesa obbligatorie – fa notare poi l’avvocato Vaccaro per MDC. "L’istituto dovrebbe definire chiaramente quali oneri vengono coperti dal contributo, scorporandovi i costi dovuti per legge”.

Ci sono poi le pressioni subite dalle otto ragazze coinvolte, alcune delle quali sono diventate maggiorenni da pochissimi giorni. «Noi genitori siamo ora ingiustamente considerati “evasori”» lamenta la signora Murari, «mentre assolutamente non abbiamo alcuna intenzione di perorare mancati pagamenti del dovuto. Ci mancherebbe, in passato abbiamo sempre dato il nostro e addirittura tinteggiato anche l’asilo, e siamo contribuenti onesti». Lo scopo semmai è mettere allo scoperto una situazione di comunicazione insufficiente e scarsa trasparenza gestionale («parliamo di 180.000 euro l’anno»). Intanto le giovani si trovano escluse non solo da ogni uscita da scuola, «incluse opportunità importanti per il futuro professionale, come incontri presso ospedali, o per la formazione civica, come poter seguire dei processi penali come si prevede in questi giorni al tribunale», ma anche da incontri che avverrebbero presso la scuola stessa. Tutto questo perdendo crediti per il voto di maturità di fine anno, e accumulando assenze. Le ragazze hanno subito pressioni e umiliazioni, in qualche caso pubblicamente. Ad una studentessa, durante una verifica, riferiscono sia Vaccaro che Murari, sarebbe stata negata la fotocopia della prova, costringendola a ricopiare a mano un testo, e in seguito l’insegnante, consegnandole il foglio, le avrebbe detto «vedi cosa succede a non pagare?».  Un’altra, figlia della signor Murari, è stata prima convocata per discutere del mancato pagamento, poi rimproverata da una docente per non aver pagato il contributo alla presenza dei compagni, suoi e di altre classi. Varie delle giovani hanno scongiurato i genitori di pagare per evitare loro ulteriori pressioni.
I genitori "ribelli" hanno scritto, oltre che alla dirigente, ferma sulla sua posizione, al provveditore Merletti a Varese e all’ufficio scolastico regionale, prima di rivolgersi al Movimento Difesa del Cittadino che ha reso pubblica la vicenda. «Ripeto, non vogliamo in nessun modo fare cattiva pubblicità a una scuola in cui crediamo, io stessa vi ho iscritto due figlie» ripete la signora Murari, «mi rendo conto che i professori eseguono delle direttive, ne abbiamo incontrati anche tanti comprensivi e capaci. Ma qui con la dirigente non c’è colloquio, c’è il muro di gomma. All’inizio dell’anno non volevano nemmeno accettare l’iscrizione delle nostre figlie, alla fine hanno dovuto. Ma da lì è iniziata una resistenza giornaliera, ormai ho paura a chiedere a mia figlia "com’è andata oggi?"». E tuttavia non ci si rassegna a pagare obbligatoriamente, per quieto vivere, ciò che dovrebbe essere facoltativo come da legge: se ne farebbe "una tassa non dovuta". È una questione di principio, uno scontro di volontà in cui i genitori e le loro ragazze, per ora, sono soli contro l’istituto.

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Pubblicato il 15 Dicembre 2010
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