“Mai pagato il pizzo”, ma la ‘ndrangheta voleva punirlo

Un commerciante chiamato a testimoniare davanti ai giudici del processo Bad Boys nega di essere stato vittima del racket ma il pm legge le intercettazioni nelle quali emerge la volontà dei boss di effettuare una spedizione punitiva

Le intercettazioni parlano chiaro, la ‘ndrangheta lonatese aveva addirittura organizzato una spedizione punitiva nei suoi confronti ma lui, davanti al collegio giudicante presieduto dal giudice Toni Adet Novik, ha negato di aver mai pagato il pizzo. E’ la storia di un commerciante originario della Campania che aveva un’attività che questa mattina ha testimoniato in aula davanti a quelli che secondo l’accusa sono i boss della ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo e Legnano. I loro sguardi, i loro commenti, i sorrisi a mezza bocca hanno forse avuto il loro peso ma lui che chiameremo, con un nome di fantasia Mario, non ha ammesso nulla.

Eppure il pubblico ministero Giovanni Narbone, dopo la sua deposizione come teste della parte civile, ha letto alcune intercettazioni nelle quali due componenti della locale di ‘ndrangheta stavano organizzando una spedizione punitiva nei suoi confronti nella quale sarebbero dovuti intervenire, addirittura, in due per motivi differenti. Mentre il pm leggeva queste intercettazioni lo stesso commerciante, seduto tra il pubblico in fondo all’aula, ha contestato il magistrato bollando come falsità le parole dello stesso sostituto procuratore prima che questo potesse concludere. Per questo motivo il giudice Novik ne ha chiesto l’espulsione dall’aula. Subito dopo lo stesso pm ha concluso dicendo che, effettivamente, non si avevano notizie riguardanti l’avvenuto pestaggio, così come programmato in quella telefonata intercettata.

L’udienza di oggi, inoltre, ha visto la richiesta di ulteriori pene nei confronti di quattro persone ritenute appartenenti alla locale di Legnano-Lonate Pozzolo. Il pm ha chiesto 6 anni per Nicola Ciancio e altrettanti per Francesco Filippelli e Antonio Esposito per il reato di estorsione mentre ne ha chiesti 4 per Giorgio Laface, tutti componenti del gruppo di esattori delle estorsioni in nome e per conto della cosca. La parte civile, rappresentata dall’avvocato Marrapodi, ha chiesto il risarcimento dei danni subiti, in particolare, da un imprenditore che aveva aperto un locale a Varese all’inizio degli anni 2000 del quale abbiamo raccontato la sua testimonanza fiume.

In chusura di udienza hanno parlato anche i legali di Carlo Avallone, per il quale il pm aveva già archiviato alcune posizioni. Secondo le difese Avallone è vittima dell’associazione mafiosa in quanto amico di Augusto Agostino, altro imprenditore strozzato dalla locale di Legnano-Lonate Pozzolo, il quale l’ha coinvolto in alcune compravendite immobiliari. Lo stesso Avallone, hanno specificato i legali, in un anno ha ottenuto in prestito circa 1,4 milioni di euro restituendone 2,5 a Nicodemo Filippelli e Fabio Zocchi. Per lui è stata chiesta l’assoluzione in quanto non avrebbe saputo dell’attività di riciclaggio di danaro sporco.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Aprile 2011
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