Concussione, perché è solo tentata?
Se la consegna della mazzetta è organizzata dei carabinieri, non si può parlare di un vero e proprio reato. La recente sentenza contro i due funzionari dell’antifrode ha un precedente “varesino” finito in cassazione che stupisce
La recente condanna dei due funzionari dell’agenzia delle entrate per l’episodio della mazzetta nel giaccone sta facendo discutere gli avvocati varesini, perché la decisione del gip Cristina Marzagalli di classificare il reato come tentata concussione (2 anni e entrambi gli imputati) diverge dalla decisione presa qualche mese fa dal gip Simona Pepe di condannare un terzo funzionario per concussione (reato pienamente consumato e 2 anni 10 mesi all’imputato) a fronte di un’operazione di polizia simile, ovvero una trappola tesa dai carabinieri che si misero d’accordo con le vittime per far consegnare del denaro al funzionario infedele, salvo poi arrestarlo con le mani nella marmellata, come amava dire Di Pietro quando vestiva la toga.
Posto che le circostanze sono diverse e non si possono raffrontare le due sentenze, si può tuttavia spiegare da cosa nasca l’interpretazione che vede il reato non consumato quando c’è la trappola. Le sentenza che fanno giurisprudenza sul tema sono diverse di diverso tenore, ma ce n’è una che nasce da storia partita proprio da Varese. Un ricorso che era stato proposto in cassazione dall’avvocato Giuseppe Carignola, e che il legale aveva vinto il 7 giugno del 2007. Aveva ottenuto che il reato contestato al suo cliente, un funzionario erariale condannato, fosse solo tentata concussione e non concussione vera e propria.
In quel caso, era accaduto che una cooperativa aveva ricevuto un avviso di ingiunzione di pagamento entro il 30 novembre del 2002 (termine già scaduto al momento della ricezione dell’atto) di 16mila euro, per il ritardato versamento di ritenute di acconto per dipendenti, con il rischio di una multa da 32mila euro, se il pagamento non fosse avvenuto entro il termine assegnato. Il funzionario erariale, contattato da una dipendente della cooperativa per ottenere la correzione dell’errore e la rateizzazione di quanto dovuto, aveva però fatto una richiesta di soldi. L’amministratore della cooperativa aveva denunciato tutto e si era rivolto ai carabinieri della stazione di Luino. I militari lo avevano esortato a proseguire la trattativa, cioè i successivi contatti erano avvenuti su sollecitazione delle forze dell’ordine. Il funzionario aveva quindi ribadito la sua proposta “indecente”, aveva concordato un incontro con l’amministratore; in tale occasione era stato arrestato e trovato in possesso di banconote per 1000 euro, e un assegno di 6mila euro.
Nel ricorso, l’imputato contestava la sussistenza del delitto consumato, sostenendo che la riserva mentale e la collaborazione con la polizia giudiziaria caratterizzarono la condotta della vittima. In tale caso, avendo il soggetto passivo scelto di non cedere al sopruso del pubblico ufficiale infedele, l’iter criminoso non si sarebbe realizzato e sarebbe configurabile la figura del solo tentativo di concussione.
La corte di cassazione gli diede ragione, proponendo un distinguo. Se la vittima promette di pagare di sua spontanea volontà, e solo successivamente avvisa la polizia, in quel caso, il reato è concussione, poiché la promessa volontaria del soggetto configura già un reato consumato. Viceversa – scrivano i giudci in quel caso – se la promessa di assoggettarsi al ricatto viene dopo la predisposizione di un accordo con la polizia, per un piano diretto ad individuare il funzionario infedele, allora non matura il reato vero e proprio, ma si deve parlare solo di tentata concussione. Come dire, che se l’imprenditore sapeva che non era sotto ricatto ma era una trappola, non poteva subire le conseguenze di un comportamento illecito.
Ai profani sembrerà un po’ spaccare il capello il quattro, ma certe finezze, diciamo così, sono un po’ il motivo per cui esistono gli avvocati. per la cronaca, nel caso dei due funzionari condannati a Varese, il pm Agostino Abate sosteneva proprio che la promessa “libera” vi era stata, e forse farà ricorso in appello.
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