Amato Jazz Trio, la musica oltre il silenzio
Tre fratelli siciliani taciturni si trasformano sul palco, nasce un dialogo intenso, tra loro e con il pubblico: quasi una trasfigurazione di tre esistenze
Entrano in sala dalla platea, silenziosi, in fila come i monaci in un chiostro. Sul palco salgono in punta di piedi e taciturni, ma di lì a poco è il jazz a raccontare la storia, tre esistenze: per chi lo vede per la prima volta, l’Amato Jazz Trio è un’esperienza straordinaria. Al Gallarate Jazz Festival hanno suonato per quasi due ore sul palco del Teatro del Popolo, un repertorio vasto che attraversa la loro lunga storia, vira dal jazz newyorkese e metropolitano di Thelonius Monk alla rivisitazione di un balletto di Stravinskij. Suonano insieme dal 1979, i fratelli Amato. L’estroso Sergio – il batterista – è scomparso tragicamente nel 2003, in un incidente stradale: Loris, il più giovane, ha preso il suo posto. «Siamo di poche parole, l’avrete capito», ammette Elio a metà concerto. Poche parole, Alberto (al contrabbasso) non ne dirà neanche una. E poi la musica si riempie delle loro esistenze: «un atteggiamento quasi autistico» diceva Elio nel documentario "Amato Bros" uscito quest’anno e dedicato alla loro storia. «Mi capita di ritrovare un me stesso che tengo nascosto nella vita di tutti i giorni. […] So di fare una cosa che so fare».
Questa sera (domenica 7 ottobre) il Jazz Festival si concerto di Emanuele Cisi e Space Trio, sempre al Popolo, alle 21.30
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