Se vinco io questo sarà il futuro dell’Ospedale Del Ponte

Alessandro Alfieri del PD, Paolo Cherubino della lista Maroni e Giovanna Beretta dell'Udc giudicano il progetto del polo materno infantile

Costruire, fermare, rischiare o rinunciare?  A pochi giorni dall’avvio dei lavori per la realizzazione del secondo padiglione pediatrico, il futuro dell’ospedale Del Ponte irrompe nella campagna elettorale. Quale destino lo attende? Dopo l’intervista rilasciata dal direttore generale dell’azienda ospedaliera Bravi che ha spiegato il progetto in fase di esecuzione,  abbiamo chiesto ad alcuni candidati cosa faranno nel caso vincessero le elezioni regionali. 

«Come centro sinistra volevamo riportare tutto al Circolo – spiega Alessandro Alfieri, candidato regionale del PD – La decisione fu presa da PdL e Lega e noi non abbiamo avuto alcun ruolo. Ora, a lavori iniziati, io da amministratore responsabile posso solo dire che, in caso di governo della Regione, analizzeremo attentamente la soluzione. Bisogna capire quanto costa fermare i lavori, in termini di penali e di nuovi progetti. Non si può parlare a cuor leggero di spostamenti se non si capisce esattamente quanto costerà. Come prima cosa, comunque, io vorrò capire se il progetto di un polo materno infatile autonomo e d’eccellenza sia sostenibile, se ci sono le risorse. Dobbiamo renderci conto che la coperta è corta: se ha senso avere a Varese una realtà pediatrica d’eccellenza, dovranno essere ridimensionate le altre pediatrie, i punti nascita. L’errore è stato fatto da Lega e PdL ora dobbiamo cercare di non peggiorare la situazione: ha senso un polo d’eccellenza e non una cosa rabberciata».

Contrario al Del Ponte è anche il candidato della Lista Maroni Paolo Cherubino, primario della clinica ortopedica al Circolo:  « Ci tengo a fare una premessa: stimo moltissimo tutto il personale attualmente in forza in quell’ospedale. E ribadisco tutto. Poi, però, io non ho mai dato la mia approvazione a uno sforzo economico come quello per realizzare il Ponte del Sorriso. Al di là degli annunci, io sono seriamente preoccupato che manchino le risorse economiche per riempire quella scatola. Manca la rianimazione per adulti perchè non si può pensare a un reparto delle donne senza una rianimazione adeguata. Per non parlare dei costi per realizzare Tac, sale chirurgiche, formare e preparare personale qualificato necessario a far funzionare i 210 posti letto. Stiamo attraversando una grave crisi economica: oggi questa azienda non sta assumendo più nessuno e tutto il personale medico e infermieristico che si prepara alla nostra università è poi costretto ad andarsene altrove perchè qui non ci sono spazi. Se diventassi assessore alla sanità dovrei rimettere mano alla rete dell’assistenza, individuando diversi livelli  di eccellenza. Non credo, però, che Varese, così imbucata e difficile da raggiungere, possa diventare un centro di riferimento regionale. Il momento di gloria per Varese non deve essere una cosa sanguinosa e distruggere, per esempio, il parco di Villa Augusta. Per prima cosa, io rimpolperei l’ospedale di Circolo e il suo pronto soccorso»

Unica voce fuori dal coro è la candidata dell’UDC Giovanna Beretta, primario di medicina fisica e riabilitazione a Niguarda di Milano, che sostiene Gabriele Albertini: «Varese abbia il coraggio di osare, ritrovi quello spirito di iniziativa che ha tante volte dimostrato in passato. Giovanni Binaghi fece una scommessa e creò una tra le cardiologie migliori d’Italia. Montoli fece lo stesso con il pronto soccorso e così Paolo Cherubino con l’ortopedia. La loro scommessa non fu meno azzardata e vinsero. Perchè non si potrebbe vincere anche questa volta? Varese deve decidere se vuole una semplice divisione pediatrica o un punto di eccellenza regionale e nazionale. E non si parli di risorse economiche: i soldi si trovano, bisogna fare una diversa politica organizzativa, rivedere i punti nascita. Occorre che tutti facciano la propria parte: medici, tecnici, cittadini. Si cercheranno professionisti in tutto il paese per portarli qui. Anche la questione territoriale non ha senso: il principale centro riabilitativo della Lombardia si trova in un posto assolutamente periferico e nessuno fa storie quando deve raggiungerlo. Il progetto non risponde a esigenze dei prossimi 2 o 3 anni ma disegna lo scenario futuro di Varese, che avrà collegamenti ferroviari adeguati anche con la Svizzera, vicina all’aeroporto di Malpensa. La gente è disposta a muoversi pur di trovare il meglio: quanti varesini arrivano allo IEO di Milano? Pensiamo anche a quanti posti di lavoro potrebbero crearsi. Varese deve crederci!»

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Pubblicato il 07 Febbraio 2013
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