Il Bucaneve spunta sulle nostre montagne

Nuova puntata della rubrica naturalistica promossa e curata dal nostro lettore Teresio Colombo con lo scopo di aumentare la conoscenza delle bellezze naturali del Parco del Campo dei Fiori

Nuova puntata della rubrica naturalistica promossa e curata dal nostro lettore Teresio Colombo con lo scopo di aumentare la conoscenza delle bellezze naturali del Parco del Campo dei Fiori

IL BUCANEVE

Diverse sono le stazioni dove si può trovare, in discreta quantità, questo fiore; le tre maggiori che conosco sono: quella vicina alle marmitte dei giganti, quella in prossimità dell’acquedotto provinciale di Cabiaglio e quella nella valle della Bevera. Scegliamo di cercarli in vicinanza delle marmitte dei giganti che sono state riconosciute come patrimonio dell’umanità. Per raggiungere il posto, suggeriamo un sentiero, abbastanza comodo, che  raggiungiamo dall’acquedotto di Velate; dopo averlo superato di qualche decina di metri, prendiamo il sentiero di destra, che prosegue in piano, mantenendosi sulla riva alta del torrente Vellone.

Fra gli arbusti notiamo alcuni noccioli con i fiori maschili molto allungati, indicando che sono pronti a rilasciare il polline a quelli femminili che cercheremo sulla punta dei boccioli, dai quali potranno formarsi le nocciole, normalmente almeno due, il fiore è di colore rosso vivo. In questa valle si incontra facilmente un albero, sempreverde, aghifoglie: il Tasso, pianta comune tipica dei nostri boschi. Trattasi di pianta dioica, quindi i frutti, consistenti in arilli rossi, si ritroveranno solo sulle piante femminili; tutti, almeno quelli di una certa età, si ricordano dei rimproveri dei genitori  per averne mangiato qualche esemplare. In verità non abbiamo corso nessun pericolo perché di velenoso vi è solo il seme contenuto da un guscio difficilmente scioglibile dai succhi gastrici rendendo senza effetto l’ingerimento. L’intera pianta è da considerare tossica anche se  per secoli è stata l’unico aghifoglie dei nostri parchi che, solo  nell’ottocento vedono inseriti gli abeti,  i cedri ed i larici. Il legno rossastro, di bella venatura e di buona elasticità non ha determinato, a livello locale, nessuna utilizzazione.  Sulla riva del Vellone vediamo un buon numero di campanellini, anche per la stagione in cui compaiono alcuni li chiamano bucaneve, in realtà appartengono alla famiglia delle amarillidacee, come anche i bucaneve. Entrambi hanno sei sepali: tutti della medesima lunghezza , esterni terminanti con una punta verde chiaro per il campanellino; tre esterni e altrettanti, più corti e macchiati di verde vivo, i tre interni. Diverso anche il colore della parte verde della pianta: verde vivo nel campanellino (Leucojum vernum), verde glabro il bucaneve (Galanthus nivalis). Procedendo, dopo una breve discesa si arriva al Vellone che possiamo attraversare con un breve salto, la vegetazione si infittisce: primule, anemoni, scolopendre e tanto altro. Le rocce disposte orizzontalmente rispetto al terreno indicano che oltre ad uno contro violento sono tate oggetto di sollevamento; l’andamento del corso del Vellone è lento e i allarga in grosse buche  non molto profonde nelle quali si trovano piccoli pesci. Finalmente troviamo i bucaneve, il sentiero inizia a salire, sulla destra si vede una possibile deviazione seguiamola che subito ci porta in piano, ed è da questo sentiero che potremo vedere l’erosione dell’acqua e dei sassi sul materiale calcareo, pozze d’acqua, canali di discesa. Proseguendo si scende alla base di questo salto, per coloro che si sentissero in difficoltà, si suggerisce di ritornare alla deviazione e riprendere il sentiero che passa alto, ma che poi ,in rapida discesa ci riporta a livello del fiume; soffermiamoci un momento ad osservare la costruzione in sola pietra che vi è situata trattasi di un vecchio forno, la cui ciminiera è crollata nel tempo e di cui i pezzi raccolti sono stati allineati di fianco. Risulta incomprensibile il motivo per cui un reperto di archeologia pre industriale non sia stato acquisito dalla proprietà pubblica ed adeguatamente conservato e valorizzato. Davanti al forno, presumibilmente utilizzato per la preparazione dei mattoni per la costruzione delle cappelle del Sacromonte, vi è della terra smossa guardando dal foro superiore si intravede lo crrere delle acque del Vellone il cui letto rimasto all’asciutto ci consente di raggiungere l’abitato di Velate con notevole facilità. Si osservi il muretto a secco che costituisce argine alle piene del Vellone, l’indicazione del sito naturalistico (unica e del Parco) e da ultimo un sentiero che porta al piazzale Montnari.Risalendo, in salita, l’ultimo tratto di sentiero ci ritroviamo alla periferia di Velate, la parte più antica e storica di Varese.

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Pubblicato il 16 Febbraio 2015
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