Alfano lo espelle, marocchino ricorre al tar
Il Ministro lo accusa di essere andato a La Mecca per incontrare un terrorista, Oussama Khachia nega e chiede l'annullamento dell'espulsione
Si riapre il caso di Oussama Khachia, il ragazzo di 30 anni di Brunello, saldatore in una ditta di Castronno, sposato con una italiana residente in Svizzera, espulso dall’Italia perchè ha scritto su twitter e su facebook frasi favorevoli all’Isis. Khachia ha subìto un provvedimento del ministro Alfano, e non potrà tornare per 10 anni in Italia. Ora si trova in Marocco. L’avvocato Michele Spadaro di Milano, tuttavia, ha presentato per conto di Khachia un ricorso al tar del Lazio in cui chiede l’annullamento dell’espulsione.
Il viaggio a La Mecca
Il ragazzo marocchino è stato definito, dal ministro dell’interno, un intollerante religioso vicino all’ideologia jihadista. Khachia «ha assunto col tempo, in seno ai circoli ristretti della comunità islamica di Varese, un ruolo trainante e carismatico».
Uno dei punti più controversi del decreto, riguarda un suo recente pellegrinaggio a La Mecca. Secondo Alfano il viaggio serviva per «avvicinare un facilitatore in grado di poterlo mettere in contatto con un gruppo jihadista attivo in uno scenario di conflitto. Lo stesso è, peraltro, conosciuto come membro accreditato di un sodalizio assai ristretto di integralisti, accomunati, oltre che dal fanatismo religioso, anche dalla completa condivisione dell’obiettivo dello stato islamico». Secondo Alfano, Khachia «si è dichiarato pronto a compiere il martirio» e sarebbe quindi pericoloso per la sicurezza dello stato.
La pensa come tanti italiani
Il ricorso contesta su tutta la linea ed è interessante anche per capire, in mancanza di una condanna in tribunale, su che basi uno stato occidentale, che rispetta i principi liberali e garantisti, possa decidere di cacciare un cittadino con regolare permesso. La difesa ricorda che Khachia è in Italia dall’età di 9 anni, e che a differenza di quanto scritto nel decreto di Alfano è ben integrato sul territorio, stimato sul lavoro e conosciuto come persona seria a Varese. L’avvocato punta sul fatto che Khachia sia un cittadino che ha una visione critica su aspetti controversi della politica internazionale e argomenta che, l’espulsione, sarebbe arrivata solo a causa di alcune segnalazioni fatte da utenti twitter che non condividevano le idee del marocchino.
Indagine
Inoltre, nel ricorso si contesta il fatto che il ragazzo sia stato definito un trascinatore carismatico di circoli islamici, senza che ne vengano spiegati i contorni. Questa genericità di motivazioni, che in una indagine penale non sarebbe accettabile, porta l’avvocato Spadaro a concludere che motivazioni di questo tipo, senza verifiche e circostanze, potrebbero portare lo stato italiano ad avere uno «strumento formidabile per sanzionare qualunque straniero, anche per puro capriccio, senza doverne rendere conto, e soprattutto appropriandosi del potere giudiziario nell’impartire la sanzione».
Il ricorrente afferma che «mai il Khachia ha moralmente condiviso le azioni terroristiche». Il documento riporta ampi stralci dell’intervista che il giovane ha rilasciato a Varesenews. Il punto è interessante: Khachia aveva usato termini anche molto forti (leggi qui) e il suo avvocato, nel chiedersi se si tratti di posizioni “asseritamente anti occidentali” afferma che tanti altri politologi e giornalisti in Italia hanno posizioni simili, ma non sono una minaccia alla sicurezza dello stato.
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