I sub, il bello, la passione: prima intervista a Riccardo Comerio
La vita, la sua storica azienda e la "filosofia dell'Industria" nella prima intervista con il neo presidente dell'Unione Industriali, insediato dai primi di giugno alla guida dell'associazione
«Per qualche anno ho fatto l’istruttore di sub: lo facevo con passione, e a un certo punto ho pensato seriamente di farne una professione». Malgrado il fatto che rappresenti la quinta generazione di un’azienda che ha più di 130 anni, non era un destino segnato quello di Riccardo Comerio, 52 anni, il neo presidente dell’Unione Industriali di Varese.
Ed è forse questa caratteristica la forza del nuovo presidente Univa che ora, oltre a portare avanti una azienda storica, è impegnatissimo anche dal punto di vista associativo: oltre a essere presidente dell’Unione è infatti presidente di Provex, componente del Consiglio della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Varese, nonchè vicepresidente della Giunta. È Componente della Giunta di Unioncamere – Lombardia e membro della Giunta di Assocomaplast – Associazione Nazionale Costruttori di Macchine e Stampi per Materie Plastiche e Gomma.
«Si tratta di una delle caratteristiche, e dei vantaggi, del lavorare in una azienda come la nostra: il fatto che vi partecipa solo chi ha passione e competenze per mettersi in gioco, indipendentemente dal suo nome. Io per esempio ho cominciato a lavorare in azienda come contabile, e poi pian piano ho assunto i ruoli che mi sono meritato». Una scelta non scontata per una società che, per quanto importante, è a conduzione familiare. E una scelta che ha portato i suoi frutti, visto che ora è a capo di una azienda nata nel diciannovesimo secolo come meccanotessile e poi divenuta del settore plastico per motivi di mercato: che ha saputo, perciò, rinnovarsi e addirittura cambiar pelle per mantenere una continuità negli anni.
«Mio figlio, che ha quasi 18 anni, farà innanzitutto quello che saprà e vorrà fare – spiega Comerio -. Come tutti i genitori avrò magari delle aspettative su di lui, ma le scelte sono sue. E’ giusto e doveroso che si metta lui in gioco. Da noi partecipa in azienda chi ha passione e competenze per farlo». Una regola che in quell’azienda non vale solo per la famiglia Comerio: «Da noi c’è un “fattore generazionale” anche tra i collaboratori: ne abbiamo anche di seconda o terza generazione. Un fatto più diffuso di quel che si creda, ma poco noto: la competenza e la passione spesso non si tramandano solo nella famiglia degli imprenditori, ma anche in quelle dei collaboratori».
La sua vita è soprattutto dedicata al lavoro, ora: «Non mi chieda il mio libro o disco preferito, non mi vengono mai in mente al primo colpo. Mia moglie se ne lamenta. Men che mai mi parli della squadra di calcio preferita: è uno sport che non mi appassiona per niente. Ora ho poco tempo anche per praticare attività sportive: però una volta ne praticavo diverse. Una di queste è il golf. E come passione “professionistica” c’era anche quella, appunto, per le immersioni subacquee».
Come presidente dell’Unione Industriali della provincia di Varese, il suo debutto può considerarsi fortunato: con una congiunturale trimestrale che per la prima volta dopo anni ha registrato un segno positivo. Una situazione che aiuta a sperare:«Sono certo però che la speranza l’avessero anche i miei predecessori, nessuno di loro ha cominciato il suo mandato senza pensare che prima o poi ci sarebbe stato un miglioramento. Però è un dato di fatto che il mio mandato sia iniziato con un segno più dopo 13 trimestri consecutivi di segno meno. Sottolineo però che si tratta di un primo timido segnale, uno zero virgola positivo che arriva dopo una sequela costante di negatività. Il risultato è una strada, davanti a noi, ancora tutta in salita, prima di ritornare ai livelli di una volta. La speranza rimane, ma la situazione non è nè consolidata nè tranquilla».
Il fatto che Riccardo Comerio sia di Busto fa scattare anche un”spia di campanile”: la rivalità tra Busto Arsizio e Varese, in certi ambienti, non è mai sopita. Ma la sua risposta è di quelle che non ammettono repliche: «Sono legittimamente un cittadino di Busto Arsizio, e faccio parte di una azienda che da sempre è di Busto Arsizio. Ma, me lo lasci dire, parlare di Busto e Varese e delle differenze tra l’una e l’altra realtà, in un mondo globalizzato come il nostro, non ha più senso. E sono fiero di fare parte di una associazione che ha avuto la lungimiranza di mettere insieme due sezioni una volta divise, Busto e Varese, in un unica realtà provinciale, oltre vent’anni fa».
Un’unità che ha aperto la porta a un lavoro comune, che ora deve evolversi: «Ora il ruolo dell’associazione è quello di aprire una mentalità, dare visioni. Oltre naturalmente all’organizzazione e ai servizi, che sono utili, c’è un plus a supporto della attività corrente che siamo tenuti a dare, in questi tempi in cui il cambiamento è necessario continuamente per mantenersi in vita: anticipare le esigenze di mercato e di sistema, guardare sempre un po’ oltre per anticipare quello che dovremo aspettarci. La missione in Silicon Valley che stiamo organizzando per ottobre è in quest’ottica: non ci aspettiamo che gli imprenditori tornino dagli Usa come dei novelli Steve Jobs, ma che possano prendere spunto per dare una svolta, piccola o grande, al loro lavoro. Per creare degli sviluppi eclatanti nella loro continuità aziendale».
La mostra al MaGa di una famiglia di imprenditori varesini, i Missoni, è un’occasione poi per esplicitare la sua “filosofia dell’industria”: «Ritengo che l’idea di bellezza nel design sia un aspetto da non sottovalutare in nessun ambito. Una macchina utensile, se è bella, avrà anche un correlato contenuto tecnico specifico che la porterà ad avere successo: anche se a nessuno interessa, a priori, che una macchina utensile sia anche bella».
Realizzare prodotti belli «non è appannaggio solo delle collezioni di moda: è un atteggiamento assolutamente trasversale ed è anche un connotazione della nostra provincia. Certo, nel fashion la bellezza e la creatività sono un contenuto imprescindibile: ma spesso è bello, nel suo contenuto tecnico specifico, anche un prodotto tecnologico».
La realtà è che «il bello è correlato alla passione con cui è fatto il prodotto. Il team di ingegneri che ha realizzato un macchinario o un prodotto di qualsiasi genere, a prescindere da quel che hanno fatto, lo amano e lo vogliono bello: è quell’ingegno leonardesco, tutto italiano, che si applica anche a un macchinario per fonderia. In quella bellezza realizzativa c’è anche l’orgoglio di avere fatto per bene qualcosa».
Perchè: «L’impresa si fa con le persone, le imprese esistono a causa delle persone: un’ impresa di successo è fatta da un team di persone che ci mette passione e costanza. E così anche l’ultimo dei progettisti che tira due righe, se lo fa con passione, tramuta il progetto in qualcosa di valido anche esteticamente: perchè lo sta facendo tenendoci a quel che fa».
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