Futuro di Accam, è caos tra i comuni

L'assemblea dei soci della società ha mostrato tutti i nervi scoperti del rapporto tra i sindaci. Tante le incognite e una sola certezza: "Più si aspetta, maggiori saranno i problemi"

sala tramogge

La certezza, su Accam, è una: i conti continuano a sprofondare. I numeri del bilancio della società con le prospettive fino al 2021 sono stati presentati per la prima volta durante un’assemblea dei soci del consorzio e la situazione «non è per niente semplice», ammettono i tecnici. Tutte le ipotesi al vaglio, infatti, sono contraddistinte dal segno meno e se da un lato ci sono milioni di euro dall’altro i rapporti tra i comuni sono piuttosto tesi

I NUMERI – Le ipotesi presentate sono due: lo spegnimento nel 2021 dei forni o il loro arresto immediato «che nella migliore delle ipotesi potrebbe avvenire nel settembre del 2016». Nel primo caso la perdita della società sarebbe continua «attestandosi tra i 3,5 e i 4 milioni di euro ogni anno» mentre con lo spegnimento immediato «avremmo una perdita nei primi due anni di 23 milioni di euro». In questo secondo caso «dovremmo anche valutare le penali» che sono state stimate tra i 2 e gli 8 milioni di euro mentre qualunque sia lo scenario «ci sarà da affrontare la questione dell’occupazione degli 80 lavoratori di Accam».

GLI SCENARI – Si rivolge più volte ai sindaci il nuovo presidente di Accam, Emilio Cremona, per dire che «voi ci dovete dire cosa fare e decidere se per questa società volete un amministratore oppure un liquidatore» e che «più ritardate la decisione definitiva sull’impianto maggiori saranno i problemi, per voi». In questo senso tutti stanno aspettando il risultato degli studi sul business plan per la fabbrica dei materiali ma «dovete avere ben chiaro quello che volete per questa società». Cremona ricorda infatti che «non tutti i soci conferiscono i loro rifiuti alla società» ed è proprio su questo che gli animi dei sindaci e degli assessori presenti si scaldano.

LE TENSIONI –  Il casus belli è stato una proposta dell’assessore ai lavori pubblici di Busto Arsizio, Paola Reguzzoni, con la quale -tra le tante cose- si chiede che i soci si impegnino a portare ad Accam i propri rifiuti. Ed è stato proprio qui che si è (quasi) consumato lo strappo. «Se accettassimo questa clausola -hanno commentato in coro diversi sindaci, specialmente dell’altomilanese- noi dovremmo alzare e di molto le tasse». Un duro botta e risposta che si è concluso con un rinvio ad una nuova assemblea convocata per il 6 novembre nella quale dovrebbe arrivare un documento condiviso.

LE PROPOSTE – Sarà in quel momento che potrebbero essere votate anche alcune proposte che hanno iniziato a prendere forma. Come ad esempio quella di spegnere immediatamente l’inceneritore, continuare a conferire ad Accam i rifiuti con le stesse tariffe facendo poi portare i rifiuti ad altri impianti di smaltimento che, grazia a tariffe più convenienti, permetteranno di risanare i conti della società. Ciò che è certo è che «dobbiamo fare il prima possibile -esorta il sindaco di Gallarate, Edoardo Guenzani- perché se non spegniamo subito rischiamo che il governo commissioni gli inceneritori con una gestione centrale da parte dello stato».

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 09 Ottobre 2015
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