Frittelle di bucce di patata
Nuova ricetta suggerita dal nostro appassionato cuoco Pierre Ley che ha anche pubblicato un ebook che porta lo stesso nome di questa rubrica

Nuova ricetta suggerita dal nostro appassionato cuoco Pierre Ley che ha anche pubblicato un ebook che porta lo stesso nome di questa rubrica:
Primo, non sprecare. Ora anche @pontifex , cioè il Papa in versione twitter, si scaglia contro il mortale peccato dello spreco alimentare. E si sprecano pure le statistiche in merito, dai dati sulla sovraproduzione alimentare contrapposta al numero di coloro che muoiono di fame, alle migliaia di tonnellate di cibo ancora buono buttato ogni anno nella spazzatura. Sembra quasi un argomento di moda, uno di quei “frame”, meccanismo perverso dell’informazione, ossessivi quanto effimeri che dilagano su schermi televisivi e pagine di giornale. Bene.
Approfittiamone quindi per “cacciar lì” le nostre umili pelli di patata, meglio note come bucce e tradizionalmente destinate al pattume o ai domesitici gallinacei. Sorvolando leggiadramente sulle schiere di salutisti i quali, dati alla mano, ribadiscono la mirabile concentrazione di sali minerali, vitamine e quant’altro di sommamente benefico all’umana fisiologia, passiamo all’aspetto più lascivamente gradevole degli incompresi tegumenti: il valore gastronomico e l’uso che se ne può fare nella cucina di un gourmet di ampie vedute ma raffinato palato.
Salvate dal bidone dell’oblio, ben monde et lavate, le nostre si possono indi impastellare con farina mista a birra e poco sale. Si badi che la birra sia ben diaccia, in modo da poterne godere appieno eventuali sopravanzi, ma anche e soprattutto che si ottenga procurare l’effetto esplosivo derivante dall’incontro degli opposti tra arsura dell’olio bollente e gelo del fritturando.
L’epico momento, fissato nella croccante plasticità delle frittelle, ben gonfie e ariose, per nulla unte, si concluderà con una feroce salatura da spegnere con l’aperitivo preferito. Si badi di ottenere una pastella alquanto densa, che ben possa ammantare ed avviluppare ogni velo della nostra umile patata che, ormai nuda, si potrà destinare ad anonima scorta di qualche pescione allessato.
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