“Sconfinati”: prova a vivere un quarto d’ora da migrante

Sabato 2 e domenica 3 luglio al teatro della Parrocchia di Borsano, un'iniziativa promossa dalla Caritas Ambrosiana sul tema dei migranti

Rifugiati migranti

Gli operatori della cooperativa Intrecci saranno presenti sabato 2 e domenica 3 luglio presso la Parrocchia di Borsano di Busto Arsizio per animare “Sconfinati”, l’esperienza che Caritas Ambrosiana ha portato a “Fà la cosa giusta”, per far vivere sulla pelle dei visitatori che cosa significa lasciare la propria terra per l’ignoto affidando tutte le speranze alle mani di scafisti senza scrupoli .

Si potrà farlo sabato 2 luglio dalle 16,00 alle 23,00 e domenica 3 luglio dalle 16,00 alle 20,00 presso il teatro della parrocchia SS Pietro e Paolo.

Un’esperienza che ha l’apparenza di un gioco di ruolo, offrendosi in realtà come «percorso esperienziale» dedicato al dramma – troppe volte sfociato in tragedia – di quanti attraversano deserti e mari per afferrare una speranza di salvezza.

Al visitatore verrà chiesto di assumere l’identità di uno dei profughi in fuga dalla Siria piuttosto che dall’Eritrea, dall’Afghanistan o dalla Costa d’Avorio. Si troverà assegnato un nome, una nazionalità, un passaporto. Una storia. Col poco denaro a disposizione, dovrà trattare con gli scafisti la traversata del Mediterraneo sui famigerati barconi. Quindi, con tutti gli altri partecipanti al «gioco», salirà a bordo di una vera barca. Luci e suoni simuleranno una tempesta.

Alcuni soccomberanno. Chi sopravviverà, superata la frontiera “naturale” rappresentata dal mare, dovrà affrontare nuovi ostacoli: i confini fra gli Stati, l’ostilità delle popolazioni, le identità nazionali.

Fili spinati materiali e immateriali. L’ultimo scoglio sarà la commissione che deciderà se accogliere o respingere chi ha rischiato tutto per arrivare fin qui.

Il percorso, della durata di 15 minuti,  è basato sulle storie autentiche raccolte dai volontari e dagli operatori del Consorzio Farsi Prossimo promosso da Caritas Ambrosiana che nelle parrocchie e nei centri della Diocesi di Milano ogni giorno danno ospitalità ai profughi giunti in Lombardia dopo essere sbarcati sulle coste meridionali del nostro Paese.

Naturalmente “Sconfinati” non è solo un gioco. Perché dietro la finzione c’è la sofferenza stampata sui volti di persone vere che si vedono negare l’accoglienza perché provengono da Paesi come Gambia, Senegal, Nigeria o Ghana e dunque automaticamente considerati “non rifugiati” e pertanto non ammessi alla procedura d’asilo, a prescindere dai loro casi particolari e dalle personali storie di persecuzione che invece andrebbero valutate secondo la Convezione di Ginevra sui Rifugiati alla quale la normativa della Ue si richiama.

Per chi vorrà viverla, si tratterà certamente di un’esperienza significativa che toccherà le emozioni e il cuore, prima ancora del ragionamento.

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Pubblicato il 30 Giugno 2016
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