Lipu: “Cinque motivi per dire no alla caccia al lupo”
Anche a Varese l'associazione ambientalista si oppone alla decisione del Ministero. Ecco perché
Dopo 46 anni di protezione assoluta, che ha permesso di evitare l’estinzione, si potrebbe riaprire la caccia al lupo in Italia.
Nel corso della Conferenza Stato Regioni, che si è svolta il 24 gennaio, il Ministero dell’Ambiente ha approvato in sede tecnica Il Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia, che prevede l’uccisione del 5% del numero complessivo di esemplari, in attesa dell’approvazione definitiva fissata per il 2 febbraio.
Il Ministero dell’Ambiente, in un tweet del 23 gennaio, ha sottolineato il suo no alla caccia al lupo ,ma il giorno seguente, ai fini di “prevenzione”, come si legge sul sito del Ministero, vengono attivate “azioni coerenti sotto il profilo scientifico mirate a migliorare lo stato di conservazione della specie“, e di fatto viene concessa la possibilità di attivare deroghe al divieto di abbattimento in nome di una presunta “convivenza pacifica con l’uomo”, attraverso “l’abbattimento controllato” del 5% di esemplari in Italia.
Il piano però è discutibile e tra “abbattimento controllato” e “caccia al lupo” il confine è solo lessicale. Lipu Varese prova a spiegarlo in cinque punti:
1. Pochi dati disponibili: i dati a disposizione sul numero di esemplari che popolano il nostro territorio e la loro distribuzione non sono precisi, si parla di un numero che oscilla tra i 1.000 e 1.500 esemplari sull’Appennino e qualche centinaio sulle Alpi, ma si tratta di dati molto approssimativi: in mancanza di informazioni precise, parlare di abbattimenti controllati del 5% si rivela arbitrario e privo di fondamento scientifico
2. Prevenzione, chi l’ha vista? Spesso non sono stati attuati in modo puntuale dei veri piani di prevenzione, che per essere efficace deve essere basata su recinzioni elettrificate e cani da pastore, elemento di contrasto naturale alla presenza del lupo per proteggere il bestiame
3. Peggioramento dei comportamenti predatori e maggiore pressione degli erbivori sull’agricoltura. E’ stato studiato che i branchi di lupi stabili tendono a predare prevalentemente ungulati selvatici, come cinghiali, cervi e daini, contribuendo a mantenere l’equilibrio naturale dell’ecosistema, mentre gli individui singoli più facilmente possono predare gli animali domestici. Ogni attività di abbattimento ha una duplice conseguenza negativa: da una parte fa disperdere il branco, causando un aumento di attacchi sul bestiame, dall’altra permette un aumento degli erbivori, che sempre più numerosi possono andare a cercare cibo nelle coltivazioni, con danni all’agricoltura.
4. Proliferare del bracconaggio indiscriminato, che già colpisce duramente la specie (attualmente molti lupi all’anno muoiono per mano di bracconieri, si stima oltre un centinaio, anche nelle aree protette nonostante i divieti di caccia) e di giustizia privata. Il grido “al lupo” è sempre in agguato e potrebbe diffondersi a domino per giustificare comportamenti illeciti
5. Ritorno al passato: da 46 anni, dopo secoli di uccisioni indiscriminate, i lupi sono specie protetta in Italia. Riaprire la caccia sarebbe un passo indietro nel passato: fino al 1971 il lupo era specie oggetto di caccia in ogni stagione e con qualsiasi mezzo: questa caccia da Far West rischiò di portare il lupo sull’orlo dell’estinzione. Solo negli ultimi anni si registra una ripresa demografica
Una cordata di associazioni per l’ambiente composta da Enpa, Lav, Legambiente, Lac, Lipu, Lndc, ha lanciato l’appello al Presidente del Consiglio Gentiloni.
«Per i lupi non sono possibili abbattimenti realmente selettivi e gli effetti di tali abbattimenti sono sempre imprevedibili. I comportamenti predatori non diminuirebbero ma potrebbero invece aggravarsi, come successo in altri Paesi. Infine, la misura degli abbattimenti non avrebbe alcun effetto positivo sulle tensioni sociali e anzi potrebbe aggravarle, con la richiesta di nuovi e continui abbattimenti e una maggiore tolleranza verso atti di bracconaggio e di “giustizia” privata».
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