Da Ljubljana a Maribor
La tappa di 138 chilometri del ciclista varesino in sella attraverso i Balcani
Ai ciclisti in Slovenia ci pensano. Ciclabili a fianco strada dappertutto o altrimenti stradine parallele segnalate se il limite è 70km/h e la strada è ad uso esclusivo delle macchine. Ricordo ancora 2 anni fa in umbria come impazzivo per trovare strade alternative quando tutto ad un tratto trovavo un cartello “divieto bici”.
Saluto Ljubljana, ma prima, incrocio un edificio di Plečnik. Percorro chilometri a fianco dell’autostrada in una valle stretta e fredda. L’unico momento di soddisfazione è trovare la pasticceria a Trojane (dove forse hanno inventato l’hashtag #foodporn?) consigliata dalla mia amica italo/slovena Antonella dove fanno dei Kropfi enormi.
Ne mangio 2 e mi sento decisamente meglio. (È una sorta di istituzione qui, e prenderne solo 1 mi sembrava poco rispettoso)
Attraverso la campagna che mi stupisce per le coltivazioni di luppolo: non le avevo mai viste e sembrano dei muri verdi di 4 m di altezza che tagliano la pianura. Mi giustifico questa massiccia presenza di luppolo a Celje perché in zona c’è la fonte della birra Lasko, valida alternativa alla birra Union di Ljubljana.
Ad un tratto esco dall’asfalto e mi ritrovo nel bosco in una bellissima stradina anonima che mi fa sbucare in un campo di mele. Lo giro tutto e arrivo nella cascina accorgendomi che, forse, quella stradina, non era proprio pubblica pubblica.
Fortunatamente il cane dorme e io me ne vado in tranquillità.
In bici la percezione della città è molto particolare perché si vede tutto: fronti e retri. Capita di finire, come oggi, in mezzo a proprietà private, retri di capannoni, stradine di campagna, stradoni a 3 corsie, cortili, piazze centrali e tra le villette della periferia. È un ottimo strumento per sondare la città. E forse anche per modificarne l’uso? Mi riferisco a quello che è successo dopo l’invenzione del treno, quando iniziarono a infilzare le città con binari e da un giorno all’altro è stato mutato l’ingresso: non più dalla porta ma dal retro.
Arrivo presto a Maribor sperando di vederla, ma mi entusiasma come Busto Arsizio ad agosto.
Forse avevo troppe aspettative: anche lei fa parte del network Use.it. Nasconde alcuni scorci interessanti, ma completamente abbandonati e un’interessante spazio “Pekarna” una ex fabbrica ora occupata e trasformata in centro culturale alternativo.
A fianco vi è un’ostello, come se la municipalità volesse dire: “non vi abbandoniamo! Non vi consideriamo un retro” (ma forse è solo una mia visione naif. Ma non è poi simile a quello che succede da noi alle fornaci di Caldè, o sbaglio?)
Stasera ancora cucina balcanica…e domani Ungheria.
Ps
Passeggiando per la città sento: “attenzione è vietato oltrepassare la linea gialla” e altre frasi in italiano. È un’installazione sonora di un artista polacca intitolata “Krakow to Venice in 12 hours”
E mi sembra di essere ancora di più a Busto Arsizio…
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