Mazzette in cambio di controlli fiscali soft, arrestati due finanzieri
Chiedevano soldi agli imprenditori che pagavano senza batter ciglio. In arresto un maresciallo del nucleo tributario di Varese, la moglie commercialista e un luogotenente di Busto
Chiedevano mazzette in cambio di verifiche fiscali aggiustate, per questo due militari della Guardia di Finanza sono stati arrestati, insieme alla moglie commercialista di uno dei due.
Il Gip del tribunale di Busto Arsizio, Patrizia Nobile, ha emesso tre ordinanze di custodia cautelare nei confronti del maresciallo Mario Putino (53 anni) in forza al Nucleo di Polizia Economica Finanziaria delle Fiamme Gialle di Varese, della moglie Grazia Leggeri Camardo (48 anni) e del luogotenente della gruppo di Busto Arsizio Ruggero Tiritiello (57 anni) per i reati di corruzione per atti contrari ai doveri e induzione indebita a dare o promettere utilità.
I risultati di questa indagine, nata da una costola del procedimento a carico dell’ex-sindaco di Lonate Pozzolo Rivolta, sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa che si è svolta questa mattina in Procura a Busto Arsizio. Erano presenti il procuratore aggiunto Giuseppe D’Amico, il comandante provinciale della Guardia di Finanza Francesco Vitale e i sostituti procuratori Luigi Furno e Nicola Rossato (titolari delle indagini alle quali ha collaborato anche il sostituto Luca Pisciotta nel frattempo trasferitosi alla Procura di Nola, ndr).
L’indagine è stata condotta dagli stessi colleghi di Putino e Tiritiello. Secondo i magistrati i casi di corruzione sarebbero almeno tre (un quarto è stato stralciato e aveva fatto scattare le manette per Putino già a marzo del 2017, ndr).
20 mila euro per nascondere un nero 350 mila euro
Quello più eclatante riguarda l’aggiustamento di una verifica fiscale nei confronti della Icom srl di Antonio Bernasconi (padre di Fausto Bernasconi, vicesindaco di Gorla Maggiore) che, come commercialista aveva proprio la moglie di Putino. Sarebbe stata proprio lei, a seguito di un primo accesso della Guardia di Finanza, a chiedere al marito di fare pressioni per ammorbidire i controlli. In ballo c’erano, infatti, 16 assegni per un totale di 350 mila euro che l’imprenditore bustocco avrebbe nascosto al fisco in quanto depositati in una cassetta di sicurezza in Svizzera.
Putino avrebbe, quindi, chiesto a Ruggero Tiritiello di fare in modo che quegli assegni risultassero come la restituzione di un prestito (una sorta di autoriciclaggio, ndr) e questi avrebbe chiesto in cambio una tangente di 10 mila euro, poi raddoppiata in una seconda richiesta fatta via whatsapp allo stesso Putino che poi l’ha inoltrata alla moglie e, infine, all’imprenditore.
La corruzione viaggia su whatsapp
Il contenuto di queste chat che parlavano di “10 litri d’olio da comprare” e poi di “campi di calcio da allargare a 11 contro 11” sarebbe stato cancellato in seguito ad una fuga di notizie. Gli inquirenti sono riusciti a ricostruire lo stesso anche attraverso la confessione sostanziale di Antonio Bernasconi. Sempre per questa fuga di notizie, che ha portato anche all’apertura di un fascicolo di indagine a parte, non si è mai concretizzata la consegna materiale della tangente.
Imprenditori conosciuti alle cene dell’Anfi
Negli altri due casi emerge, invece, un modus operandi di Tiritiello che era solito andare dagli imprenditori di sua conoscenza per chiedere “contributi” in danaro per presunte verifiche fiscali ammorbidite ma nelle quali lui non aveva avuto alcun ruolo. Il sistema di Tiritiello era facilitato anche dalla sua appartenenza all’Anfi, l’associazione dei finanzieri in congedo, dove era molto attivo nell’organizzazione di momenti conviviali con imprenditori e medici. Quelle cene erano terreno di caccia per individuare gli imprenditori destinatari di visite della Guardia di Finanza con il preciso obiettivo di farsi consegnare mazzette in cambio di un occhio di riguardo. Tiritiello, infatti, chiedeva somme irrisorie (nei due casi accertati aveva chiesto 300 e 1000 euro). I due imprenditori indagati per questi casi di concussione sono Aldo Pinza e Lino Petenà.
Aldo Pinza è lo zio di Gianluca Pinza, coinvolto nell’inchiesta che ha portato all’arresto del sindaco di Lonate Pozzolo Danilo Rivolta per corruzione. Proprio Pinza ha ammesso davanti ai magistrati di aver pagato la tangente a Tiritiello dopo aver saputo dell’indagine in corso, sperando in una maggiore clemenza del magistrato che indagava sulla vicenda degli abusi edilizi del capannone aziendale.
Mele marce rimosse dalla Guardia di Finanza
Al termine della conferenza stampa il procuratore aggiunto Giuseppe D’Amico ci ha tenuto a sottolineare il grande impegno della Guardia di Finanza di Varese e del gruppo di Busto Arsizio «nel voler far luce sulle mele marce presenti nel corpo». Impegno ribadito dallo stesso colonnello Vitale che ha ringraziato la Procura della Repubblica e ha sottolineato che i suoi uomini «hanno agito sin dai primi indizi di anomalie hanno informato la Procura seguendo passo passo ogni elemento della condotta illecita dei colleghi».
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