Quotarsi o non quotarsi, questo è il problema delle pmi

Gli imprenditori, da sempre legati alla banca per finanziare il loro business, oggi sono più consapevoli del fatto che esistono strumenti alternativi, tra i quali anche la quotazione in borsa e l'emissione di obbligazioni

Lu-Ve spa

Per molto tempo la quotazione in borsa delle pmi è stata solo una semplice possibilità. Solo quattro anni fa un manager di Borsa italiana, durante un convegno alla Liuc, affermò che il 99% delle imprese italiane non aveva le caratteristiche per farlo. Nel frattempo è cambiato il contesto generale e con esso sono aumentate le reali possibilità di accedere a finanziamenti alternativi. Le pmi possono quotarsi sul mercato AIM di Borsa Italiana, ritagliato sulle loro esigenze, partecipare a programmi dedicati, come il percorso Elite di Borsa Italiana, una vera e propria palestra per prepararsi alla quotazione, o accedere a sistemi di agevolazione istituzionali, come quello di Finlombarda, la finanziaria di Regione Lombardia. In arrivo ci sono anche gli incentivi da parte dello Stato, come il credito d’imposta per abbattere i costi di consulenza, che in media ammontano al 4% della raccolta. A tutto questo si aggiunge il fatto che gli imprenditori, da sempre “bancocentrici”, oggi sono più consapevoli dell’esistenza di altri strumenti, come appunto la quotazione in borsa e l’emissione di obbligazioni.
(nella foto la quotazione in borsa di Lu-Ve spa azienda di Uboldo)

Stiamo parlando di pmi con un fatturato di almeno 20 milioni di euro, con un buon controllo di gestione e prospettive di crescita e sviluppo. «In provincia di Varese non sono molte le imprese con un fatturato tale da poter affrontare una quotazione in borsa – dice Mauro Colombo, direttore di Confartigianato Imprese Varese –  saranno poche decine». L’ostacolo più grosso, secondo il direttore degli artigiani, è il cambiamento nel modello di governance. «La quotazione – continua Colombo – cambia in modo profondo l’assetto di comando della piccola impresa, che nella maggior parte dei casi si basa su un ristretto gruppo famigliare che agisce con grande discrezionalità soprattutto quando deve investire. Invece, in caso di quotazione, quelle scelte dovranno essere coerenti con le aspettative degli investitori, riducendo così lo spazio di autonomia dell’imprenditore. Siamo sicuri che una piccola impresa abbia la forza di reggere questa scelta? Credo che il vero problema non sia arrivare alla quotazione ma assumere manager. Solo in questo modo si può colmare quel deficit di competenze e professionalità che caratterizza le pmi. In alcuni casi gli imprenditori faticano ad acquisirle in altri non sono nemmeno consapevoli di averne bisogno. Penso infine che processi di fusione o piccole acquisizioni siano passaggi più praticabili».

univa

LE RAGIONI PER CUI CI SI QUOTA
Non è detto che sia la crescita la motivazione principale. Un piccolo imprenditore può decidere di quotarsi per riequilibrare la struttura finanziaria, generare liquidità per gli iniziali azionisti, managerializzare la società, generare risorse per future acquisizioni e anche per ottenere più visibilità. Nell’Unione industriali della provincia di Varese il dibattito sul finanziamento alternativo alla banca è aperto, tanto che è stata appena siglata una partnership con il programma di Borsa italiana Elite a cui hanno aderito già 14 aziende di diversi settori tra cui Eolo, Nau! e Pianoforte Holding, che raggruppa i brand Yamamay, Carpisa e Jaked.

Il presidente del Comitato piccola industria, Gianluigi Casati (foto sopra), ha dato il buon esempio, essendo stato tra i primi in provincia di Varese a emettere un minibond per finanziare la digitalizzazione della sua fonderia. Una case history importante per gli industriali varesini in quanto ha indicato un percorso preciso e percorribile anche da altri. «Gli imprenditori soprattutto piccoli sono flessibili e bravi nel fare il prodotto – spiega Casati – ma non sono preparati a proporsi a questo tipo di investitori. Per intraprendere questa strada occorre un salto culturale perché non è semplice cedere una parte della governance. Tra l’imprenditore e la sua impresa c’è una sorta di cordone ombelicale, insomma, è come se l’azienda fosse un figlio che grazie a queste forme di finanziamento può crescere  in modo  più strutturato, più bello e capace di prima».

C’è un’altra ricaduta importante ricollegabile a queste operazioni: la reputazione.  Quotarsi in borsa, così come emettere un minibond, richiede all’impresa un atteggiamento di trasparenza totale rispetto ai conti, agli obiettivi e alle motivazioni. «L’impresa che accede a queste forme di finanziamento – conclude Casati – ne ha un beneficio immediato di immagine che a sua volta migliora anche il rapporto di fiducia con tutto l’ecosistema di riferimento, banche comprese».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 08 Marzo 2018
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