Giuseppe Uva, assolti tutti gli imputati in appello

La decisione con una formula più ampia rispetto alla formula dell'Assise di primo grado. Parti civili condannate al pagamento delle spese di giustizia

giuseppe uva apertura

I 2 carabinieri e i 6 poliziotti imputati in Corte D’assise d’appello a Milano per la morte di Giuseppe Uva sono stati assolti oggi, 31 maggio, dall’accusa di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona con formula piena.

Gli appartenenti alle forze dell’ordine presenti alla caserma dei carabinieri la sera del 14 giugno del 2008 vennero assolti in primo grado a Varese perché “il fatto non costituisce reato” (applicando quindi una causa di giustificazione), mentre la pronuncia di oggi da parte del collegio milanese è stata pronunciata “perché il fatto non sussiste”.

«Questo vuol dire che carabinieri e poliziotti hanno operato come avrebbero dovuto», ha spiegato Luca Marsico, avvocato varesino, uno dei difensori – gli altri sono Ignazio La Russa e Duilio Mancini – . Per questo siamo molto soddisfatti, anche a fronte del clima che in questi anni si è respirato e che ha portato a tutti i costi al processo, salvo poi mettere in discussione l’autorevolezza del pronunciamento di primo grado. La decisione di oggi è il primato della giustizia sul giustizialismo, frutto di un clima mediatico senza precedenti nato attorno a questo caso».

Nei precedenti gradi di giudizio, i rappresentanti dell’accusa avevano sempre chiesto l’assoluzione degli imputati, i carabinieri Paolo Righetto e Stefano Dal Bosco e i poliziotti Pierfrancesco Colucci, Francesco Focarelli Barone, Bruno Belisario, Gioacchino Rubino, Vito Capuano e Luigi Empirio.

Le parti civili sono state condannate al pagamento delle spese di giustizia.

Fabio Ambrosetti, legale di parte civile assieme al collega varesino Alberto Zanzi
commenta a caldo la sentenza: «Lucia (Uva, la sorella di Giuseppe ndr) dice saggiamente che noi abbiamo vinto quando la Procura Generale ha chiesto la condanna, vuol dire che un organo dell’accusa ha creduto nella nostra tesi», afferma il legale. «Da giurista, ma anche da cittadino, sono molto deluso per l’assoluzione dal reato di sequestro di persona, o arresto illegale che fosse, perché non c’erano i presupposti: non si capisce in base a quale criterio Giuseppe Uva sia stato trattenuto quella sera in caserma», ha aggiunto Ambrosetti, promettendo il ricorso in Cassazione.

Ora si attende la lettura delle motivazioni della sentenza, che la corte depositerà entro 90 giorni.

Del tutto comprensibile, secondo il difensore, il comportamento della nipote Angela, che dopo la lettura del dispositivo della corte «ha avuto un attimo di scoramento. C’è da capirla: il 14 giugno sono 10 anni dalla morte dello zio»: come riporta l’Ansa, la ragazza ha urlato in aula: «Dieci anni che infangano il nome dello zio».

 

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Pubblicato il 31 Maggio 2018
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