Ordine dal Comune, si smantella la “scuola” del campo sinti

Installata dalle Acli nel 2012, la casetta era dedicata al servizio doposcuola: "Qualche anno fa i bambini avevano tutti ottenuto la promozione". Il permesso non è stato rinnovato e la struttura viene ora considerata abusiva

Campo sinti

Nel piccolo campo sinti di Gallarate la casetta “dei compiti” non si distingueva troppo dalle altre. Un container grigio, che però era diventata – non in modo semplice, superando man mano la diffidenza – un simbolo di riscatto. Un presidio che però ha finito di esistere nella giornata di mercoledì 20 giugno, smantellata dalle Acli dopo l’ordinanza del Comune che chiedeva di rimuovere il piccolo container, considerato un abuso edilizio.

«Nel 2012 avevamo attivato il progetto e installato la casetta, autorizzati dal Comune» spiega Anna Balzarini, delle Acli di Gallarate, che hanno fatto da coordinatore dell’intervento, durato sei anni. «Ora l’ufficio tecnico ci ha detto che non è più in regola, perché non è stato rinnovato il permesso». L’ultimo rinnovo risale al 2013, poi non era stato più formalizzato, né con amministrazione Guenzani, né Cassani («anche se noi abbiamo tenuto sempre i contatti con gli assessori ai servizi sociali che si sono avvicendati»). Gli uffici del Comune hanno così intimato agli abitanti del campo di rimuovere la casetta, così come un edificio usato come chiesa evangelica – la confessione che professano i sinti italiani -, ad alcune case mobili e strutture posticce, come recinzioni e muretti. 

Avarie
L’interno della scuola, finanziata dalle Acli all’avvio nel 2012

È una storia di lungo corso: fin dall’inizio i sinti lamentavano il poco spazio e, negli anni successivi, hanno parlato sempre di accordi con la giunta Mucci. «Eravamo troppo stretti, Aldo Simeoni ci aveva detto che potevamo sistemarci un po’» spiegano insieme i capifamiglia, tutti cittadini gallaratesi. Oggi il Comune appunto chiede di tornare nei confini del campo (che sta in mezzo a terreni e prati, in parte incolti in parte ancora usati) e ha indicato una serie di manufatti che devono essere rimossi. «L’importante è che non ci tocchino le case e i bambini».

Avarie
Uno dei manufatti considerati abusivi. Le famiglie dicono che le strutture sono rimaste sempre mobili

Nel frattempo scompare, appunto, anche la casetta dei compiti. Che era un presidio importante, sostenuto solo dal volontariato dopo che l’amministrazione Cassani aveva tolto il piccolo finanziamento comunale dedicato. «Lo scorso anno i ragazzi erano stati tutti promossi, un risultato importante» spiegano ancora i volontari (al progetto hanno aderito nel tempo Acli, scout, Vip Verbano, singoli volontari, anche dall’oratorio di Cedrate). «Alcuni ragazzi avevano deciso di proseguire anche alle superiori, con la formazione professionale». La presenza di minori è notevole: nel campo di via Lazzaretto vivono una ventina di bambini e ragazzi iscritti alle scuole dell’obbligo, oltre a una quindicina di bambini e bambine in età prescolare.

Campo sinti

I bambini e ragazzi frequentano i plessi di Sciarè e di Cascinetta. La maggior parte dei bambini ha un buon rendimento scolastico, in particolare alle elementari. Anche se «ci sono alcuni casi di inadempienza all’obbligo, più che altro relativi ai percorsi successivi alla terza media, alcuni in fase di recupero in vista del prossimo anno scolastico». Ma all’opposto c’è anche chi torna a scuola dopo un momento di crisi: un giovane adulto sta recuperando conseguendo la licenza media frequentando i corsi serali provinciali. I volontari ora, anche senza più casetta, continueranno ad operare al campo, convinti che sia un presidio importante di integrazione e di riscatto sociale per i ragazzi.

«Abbiamo incontrato il sindaco e l’avvocato del Comune, abbiamo promesso di rimuovere la casetta, che era stata inizialmente autorizzata e che oggi viene considerata abusiva» spiegano ancora i volontari delle Acli. Quanto alle altre strutture indicate come abusive, le famiglie del campo hanno tempo fino a luglio-agosto (i 90 giorni dalle prime notifiche del 19 aprile scorso scadono ad esempio a luglio).

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 20 Giugno 2018
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