“I lettori sono le nostre sentinelle sul territorio”

Intervista a Rosella del Castello direttore di Bergamonews, il primo quotidiano online della provincia di Bergamo. "Venivo dall'Eco ma lo strumento innovativo come l'online, mi ha attirato in un lampo"

Generico 2018

“Ho sognato di fare la giornalista della carta fin da bambina”. Rosella del Castello aveva le idee chiare fin da piccola e in 36 anni di lavoro ha conosciuto le grandi trasformazioni dei giornali.

“Ho iniziato a collaborare con l’Eco di Bergamo nel 1982: avevo 22 anni. Scrivevo di musica. Poi nel mio paese, a Lovere sul lago d’Iseo, il quotidiano ha aperto una redazione. Da lì mi occupavo di tutto un po’: dalla cronaca nera alla politica, dal turismo agli spettacoli, all’economia. Nel ’90 sono stata assunta e sono andata in redazione centrale dove fino al 2008 ho lavorato in vari settori, seguendo per molto tempo la politica. Ma ho fatto anche molto desk: impaginazione, organizzazione, titoli”

Dieci anni fa il salto dall’Eco di Bergamo a Bergamonews. Da una corazzata storica a una start up, come mai quella scelta?

«Avevo 48 anni, ero vice-caposervizio, ma non mi trovavo più bene in quel giornale. L’Eco era sì una vera corazzata, che dava sicurezza e anche un ottimo stipendio, perfino l’auto aziendale. Ma queste certezze poggiavano su una tradizione ormai, a mio parere, troppo immobile, chiusa, senza stimoli per chi come me voleva fare la giornalista con la G maiuscola. Insomma il detto “toca negot” (non toccare niente) si traduceva con un “lascia perdere” per ogni idea o proposta di capire e raccontare meccanismi, realtà, poteri locali. Ero così spenta e annoiata che la richiesta di partecipare a un giornale tutto da impostare, senza lacci sul versante delle notizie, ma anche basato su uno strumento innovativo come l’online, mi ha attirato in un lampo. E mi sono buttata in un progetto avventuroso e tutto da scoprire».

Come fu il passaggio?

«Denso di energia, ma molto faticoso. Si cominciava daccapo. Bisognava cambiare ritmi e tempi, si ribaltava tutta l’impostazione. Se prima, sul versante di costruzione tecnica del giornale, bisognava riempire degli spazi in una pagina: selezionare le notizie in base all’importanza e alla lunghezza, adeguare i titoli a seconda della posizione sul menabò… ora questo passaggio spariva. Ma subentravano altre necessità: la prima, più evidente e anche difficile, la velocità. Non avevo più 5-6 ore o più per preparare una notizia o per metterla sul giornale. Avevo 10 minuti, mezzora se andava bene. E dovevo essere precisa, senza sbavature e il più possibile completa in pochissimo tempo. Un refuso, una svista, un errore ricevevano da subito la segnalazione di un lettore attento e pronto a cogliermi in fallo. Mi è sempre piaciuta la velocità, ma il cambio di marcia non stato facile».

Che bilancio puoi fare di questi dieci anni?

«Difficili e insieme entusiasmanti. Da più di 7 anni dirigo questo giornale in una realtà che non sembrava pronta ad aprirsi al nuovo. E invece pian piano l’ha accolto. Pian piano sì: ci sono stati momenti duri e problematici, non lo nascondo. Siamo stati sull’orlo della chiusura in due occasioni. La redazione è stata rivoluzionata più volte, diciamo che è più o meno stabilizzata da 4 anni. Va detto che Bergamonews fin dall’inizio ha fatto una scelta controcorrente rispetto ai giornali online: ha optato per offrire ai giornalisti il contratto dei giornalisti della carta. Molto molto oneroso. Questo ha comportato bilanci in rosso che i soci ripianavano di anno in anno. I conti ora sono migliorati, anche se ancora non siamo in utile, ma ora è stato siglato un contratto per i giornalisti dell’online (finalmente direi!) meno pesante e i giovani che sono in redazione potranno accedere a questo».

Quando si parla di esperienze digitali si fa sempre riferimento a NYT, Guardian e al limite a Repubblica. Ci sono esperienze ricche e importanti come Bergamonews e altri, come mai non se ne parla?

«Un po’ è colpa nostra che non raccontiamo le nostre positività o negatività quotidiane. La nostra è una piccola redazione, siamo in 6 più qualche collaboratore (non più di una decina) per coprire un territorio molto vasto che comprende 242 Comuni: siamo costantemente concentrati sulle notizie dimenticando l’importanza di farci conoscere. Mi sembra che invece si parli di giornali un po’ più aperti e che hanno comunque un peso nella nascita e nell’evoluzione dell’informazione online, penso a Varesenews».

I giornali locali vivono una condizione diversa da quelli nazionali. Come vedi il loro sviluppo?

«Ci penso sempre. Finora abbiamo puntato sulla serietà e la correttezza dell’informazione. E questo ha pagato. Ci abbiamo messo 10 anni ma oggi ci siamo conquistati una certa autorevolezza in un territorio che non era così disponibile alle novità. E credo che questa filosofia comunque debba restare alla base di un giornale, soprattutto locale, per il suo possibile sviluppo. Perché è a livello locale che nascono le notizie, quelle che poi anche a livello nazionale vengono rilanciate. Ma allo stesso tempo bisogna essere ritenuti credibili dal territorio perché le notizie ti arrivino tempestivamente così da esserci per testimoniarle e renderne partecipi i lettori».

Come è cambiata la relazione con i lettori?

«È stato un crescendo di interazione: ci chiamano, ci segnalano, ci mandano foto e video, ci rimproverano…  I lettori sono le nostre sentinelle sul territorio. Noi rispondiamo sempre, cerchiamo di creare e mantenere un rapporto anche coi singoli lettori, li coccoliamo. Vanno coccolati. Diverso, soprattutto nelle ultime stagioni, il rapporto con i commentatori, che sono pure loro lettori, ma di un altro tipo».

Da patrimonio della democrazia il digitale inizia a mostrare il lato buio con un odio in rete senza precedenti. Che fare?

«Anche questo tema è uno di quelli che non mi fan dormire. Ci sono giorni in cui passo ore a cancellare commenti (sotto i nostri articoli postati su Facebook) densi di cattiveria, di incitamenti alla violenza, di puro odio. Spesso banno gli autori, nel senso che vieto loro di scrivere ulteriormente. Qualche volta ci discuto e alla fine scopro che non sono così cattivi, ma che non si fermano un attimo a pensare a quello che scrivono. C’è di sicuro tanta ignoranza che i social fanno esplodere e fino a ieri rimaneva meno visibile. L’anno scorso abbiamo deciso di fare qualcosa di concreto contro l’odio e le bufale in rete. Nel nostro piccolo. Abbiamo pensato che questo approccio deleterio si combattesse a partire dai ragazzi. Educando i giovani a un approccio positivo, sano, con l’informazione e i social. E visto che un giornale dà informazioni e non lezioni, abbiamo fatto nascere dentro Bergamonews un giornale fatto dai giovani per i giovani: si chiama BgY. Ci scrivono gli under 30: di tutto, fanno video, gallery… non è uno spazio serioso, ma uno spazio sereno e positivo. Anche divertente. Almeno questo è l’obiettivo»

Oggi faresti ancora una scelta come quella di dieci anni fa?

«Sì. Senza alcun dubbio».

Che ne sarà dell’informazione nei prossimi 10 anni?

«Mamma mia… penso che sarà un insieme di vari strumenti: da internet alla radio a una sorta di tv. E con molti dati interattivi. Penso che la carta avrà ancora un suo ruolo, se riuscirà a capire quale strada intraprendere. Ma resto convinta che, come ieri e oggi, anche domani l’informazione sarà ancora la base della democrazia e delle possibilità di scelta: per questo sopravviverà se fatta con professionalità e tanta sensibilità».

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

La libertà è una condizione essenziale della nostra vita. Non ci può essere libertà senza consapevolezza e per questo l’informazione è fondamentale per ogni comunità.

Pubblicato il 20 Agosto 2018
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