Sentenza Binda, anche la procura ricorre in appello
L’accusa sostiene la mancanza dell’aggravante dei futili motivi
Per il giudice di primo grado – per la corte d‘Assise di Varese – Stefano Binda, accusato di aver ucciso Lidia Macchi 31 anni fa a Cittiglio, dovrà rimanere in carcere per il resto dei suoi giorni.
Una tesi confutata dalla difesa, che ha depositato la richiesta di ricorso in appello dinanzi al giudice di secondo grado di Milano (appunto la Corte d’Assise d’appello).
Di ieri la notizia che anche l’accusa – retta in primo grado dalla procuratrice Gemma Gualdi – ha presentato richiesta di appello.
Il motivo di questa decisione risiede, secondo l’ultima parte ricorrente, nel mancato riconoscimento da parte dei giudici varesino che lessero la sentenza nell’aprile scorso, dell’aggravante dei motivi futili e abbietti.
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