Guido Meda al Festival del racconto: “Con Valentino Rossi un rapporto speciale”

Intervistato durante la serata di mercoledì 9 ottobre alle Ville Ponti il noto telecronista ha raccontato del suo lavoro, del rapporto coi campioni, della sua famiglia e la sua opinione sui social

guido meda

Con la sua voce ha accompagnato milioni di appassionati di motociclismo sui più famosi circuiti del mondo. Attraverso uno stile e un’energia impareggiabili Guido Meda è sempre riuscito a tenere moltissimi italiani incollati al televisore, o meglio “in piedi sul divano”, a tifare fino all’ultima curva per il proprio campione delle due ruote.

Il celebre telecronista è stato ospite mercoledì 9 settembre alle Ville Ponti di Varese in occasione del Festival del racconto Premio Chiara. Intervistato da Martino Bianchi, Guido Meda ha parlato del suo lavoro tanto impegnativo quanto emozionante, ma anche di come riesce a conciliare vita professionale e famiglia, dei rapporti che si costruiscono con i piloti e la sua opinione sui social network.

«Quando lavoravo per la televisione in chiaro – ha raccontato Guido Meda – non mi rendevo conto della responsabilità che avevo nel momento in cui durante una telecronaca o un servizio mi rivolgevo a milioni di persone. Me ne accorsi durante il gran premio di Malesia del 2011, quando dovetti annunciare la morte del mio amico Marco Simoncelli. In quel momento di dolore provai a dare la notizia con la massima dolcezza, comprensione e umanità come se mi fossi rivolto direttamente ai familiari di Marco. Da quel momento le mie telecronache continuano ad avere la stessa leggerezza di una volta, ma ho sviluppato una consapevolezza e una maturità completamente nuove».

Nella sua lunga carriera da giornalista sportivo Guido Meda ha seguito molte discipline diverse. Ha iniziato con lo sci alpino ai tempi di Alberto Tomba, poi è passato al ciclismo del “Pirata” Marco Pantani e infine alla moto GP nel periodo dominato da Valentino Rossi. «Il rapporto che i miei colleghi hanno con i loro sportivi – ha spiegato Meda – è completamente diverso da quello che noi costruiamo coi nostri. Noi cronisti della moto GP viaggiamo per il mondo assieme ai piloti, condividiamo le trasferte e sappiamo l’altissimo rischio che corrono ogni volta che corrono in pista. Per questo motivo quando nascono degli attriti tra giornalisti e piloti si rimanda la discussione sempre dopo la domenica, in modo da non intaccare la lucidità in gara. Lo stesso coinvolgimento, la stessa passione che metto nelle mie telecronache mostra l’affetto che proviamo per questi ragazzi».

Quella del cronista sportivo non è una professione facile. Tra trasferte continue e impegni con la redazione è difficile trovare il tempo per la famiglia. «Ho la benedizione – ha fatto sapere Meda – di avere al mio fianco una donna fenomenale, madre e moglie per vocazione e allo stesso tempo impegnata nel lavoro. Finora con tre figli, due femmine e un maschio, che stanno attraversando l’adolescenza tutto funziona molto bene. Nonostante passi pochissimo tempo a casa sono felice di rappresentare comunque per i miei figli un punto di riferimento su cui contare durante le difficoltà».

Sono molti i campioni che Guido Meda ha conosciuto, ma è solo con Valentino Rossi che si è instaurato un rapporto speciale. «Ho avuto a che fare – ha raccontato il telecronista – con Tomba e un po’ anche con Pantani, ma è con Valentino che io e i miei collaboratori siamo riusciti a costruire un legame veramente bello. È un campione affabile, autentico e cerca sempre di stare vicino a cose e persone che lo fanno stare bene. È consapevole del suo carisma e della sua posizione, ma si dimostra sempre interessato a quello che si ha da dirgli. Nella sua carriera non l’ho mai visto mollare neanche di un solo centimetro dal suo obiettivo di vincere. Secondo me il motivo per cui è riuscito ad arrivare a quarant’anni ed essere ancora in sella è solo perché ha deciso invece di compierne due volte venti».

In anni di telecronaca i mezzi di comunicazione sono cambiati e anche il modo di fare televisione si è trasformato. «Ho lavorato per 25 anni in una realtà dove io ero quello che faceva la televisione, mentre il pubblico se la doveva guardare e basta. Grazie ai social è stato possibile per la prima volta interfacciarsi con i fan e ricevere una risposta, ma spesso questa risposta è cattiva e offensiva e vedere reazioni di questo tipo non è mai bello».

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Pubblicato il 10 Ottobre 2019
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