È morto Gianfranco Parodini

È stato una delle grandi anime del sindacato varesino. Il ricordo di Mario Agostinelli e Rocco Cordì

Generico 2018

Ed ora tocca a Gianfranco Parodini, quello brusco, generoso, schiettamente di parte, l’uomo della Gabriella. Sapevamo che purtroppo se ne sarebbero andati tutti e due, come forse desideravano, con il riguardo di non decidere chi fosse per primo a lasciare nel dolore il rimasto.
Gianfranco era nato a Genova il 5 luglio 1938. Noi abbiamo cominciato a conoscerlo agli inizi degli anni “70 a Varese. Sindacalista dei metalmeccanici lo ricordiamo nei sotterranei di Via Sempione dove alloggiava la FIOM-CGIL e, accanto, la FLM – il sindacato unitario – impegnato a raccogliere le bollette elettriche per l’autoriduzione e a tenere riunioni con i delegati della Dansi, della Bassani, della Mec-Mor e di tante altre fabbriche della zona. Lì si tenevano riunioni su sedie di plastica e senza braccioli, dove anche prendere appunti significava urtare il braccio del vicino.
Parodini indossava sempre una giacca di velluto scuro, immarcescibile, nell’inverno coperta da un giubbotto e nell’estate aperta come la camicia. Era amatissimo dai delegati, ma assolutamente di poche parole: si diceva – scherzando – forse perché viene da Genova, dove risparmiano su tutto. Lui non dava fiato ai ricordi della città in cui era nato e dove il ’68 ne aveva cambiato i connotati di una nobiltà declinante.
E così il suo passato restava per noi su uno sfondo misterioso, come una nebulosa, ormai invaso dalla figura strabordante della Sberviglieri. Gianfranco era animato da una intensa passione politica e sindacale.
La sua “dedizione alla causa” dei lavoratori era totale. Amava il rapporto diretto con le lavoratrici ed i lavoratori, dando il meglio di sé nelle assemblee di fabbrica, nelle riunioni, a volte infuocate, in cui si affrontavano le condizioni di lavoro e si definivano le vertenze aziendali. Era un ponte ben strutturato fra la ventata di innovazione politica portata dai giovani “fiommini e fimmini”, che venivano a Varese dall’Emilia o da Milano con il bagaglio delle 150 ore e dell’inquadramento unico, e la coriacea identità politica di origine partigiana dei Signorini e dei Ganugi, che avevano frequentato personalmente Di Vittorio.
Ben presto fu apprezzato e stimato per le capacità propositive e coraggiose con cui sapeva confezionare le numerose piattaforme rivendicative orientate al controllo e alla modifica dell’organizzazione del lavoro. Poi venne il passaggio dalla FIOM alla FILTEA-CGIL, il sindacato dei tessili. Erano gli anni in cui il settore tessile stava subendo una profonda trasformazione.
In quella fase di “ristrutturazione” si era aperto uno spiraglio, uno spazio più esteso e avanzato per l’azione sindacale. Non più soltanto la tutela dei lavoratori e l’affermazione di nuovi diritti in fabbrica e fuori, ma voglia di contare sulle scelte “gestionali”, dagli investimenti nei settori tradizionali della filatura e della tessitura, all’utilizzo massimo degli impianti. Una impresa possibile e vantaggiosa per i lavoratori perché così veniva ampliata la sfera rivendicativa contrattando su basi nuove orario di lavoro, riducendoli drasticamente, retribuzione e salute.
In quegli anni Parodini firmò, al Cotonificio di Solbiate, l’accordo più avanzato del settore tessile: 30 ore pagate 40 su cinque turni sfalsati e su sette giorni la settimana. Un successo segnato da una autentica commozione anche tra le donne lavoratrici che, dopo aver approvata la piattaforma in assemblea, potevano godere di due giornate di riposo ogni tre di lavoro. La storia successiva all’esperienza tessile è “fusa” nell’esperienza a fianco di Gabriella, la sua amata compagna.
Negli ultimi anni Gianfranco ha continuato a seguire le vicende sindacali e politiche. Insieme a lui abbiamo condiviso speranze e delusioni. Abbiamo seguito le evoluzioni e le involuzioni di una sinistra che appare smarrita e incapace di riconnettere i fili delle ragioni fondamentali della sua esistenza.
Nel suo tempo libero Gianfranco ha trovato un pò di conforto nella musica, ma non ha mai rinunciato alla riflessione pacata e pungente sugli eventi più significativi. Il dramma della malattia di Gabriella ha segnato gli ultimi due anni di Gianfranco e non è bastato il conforto di ritrarsi in una dimensione di intimità senza altra risorsa che il loro grande amore.
Il mondo fuori continuava a cambiare e non in meglio ed entrambi – più lui di lei – ne parlavano quasi con rassegnato disappunto. Un rapporto reciso lo scorso novembre con la morte di Gabriella. Una prova durissima per lui e che, forse, ha contribuito ad accelerare la sua fine. Ci piace immaginare che se c’è un paradiso anche per i comunisti, là Gianfranco e Gabriella si possano ritrovare e continuare, con le passioni di sempre, a battersi per la giustizia sociale e perché essa divenga cosa anche di questo mondo.
Alle figlie Paola e Annalaura, ai nipoti tutti, il nostro abbraccio fraterno e solidale.


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Pubblicato il 29 Aprile 2020
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