Esiste l’amore che si oppone alla morte. I defunti vivono con noi
di Fernando De Maria
Varcare in questi giorni il cancello di un camposanto è come entrare in un giardino fiorito.
Fiori bianchi, rosa, rossi, azzurri e gialli aprono lo sguardo ad uno scenario di luce inimmaginabile in altri periodi dell’anno.
L’incedere delle persone è lento, silenzioso; staccato per una volta dal clamore e dalla frenesia di tutti i giorni. Dai viali alle tombe, dalle foto alle epigrafi, ogni spazio è avvolto di malinconia.
Nel silenzio che accarezza i colori ci chiediamo se il 2 novembre sia il giorno della commemorazione dei defunti o l’unico evento che fermi la vita. Una vita che sembra tornare, per un attimo, al cospetto di bambole, peluches, trenini, macchinine e minuscoli recinti di animali, dove il verso prende voce per dire ad ogni madre “mamma, dimmi che non mi hai dimenticato”.
Ecco, davanti alle foto di bimbi sorridenti, ci chiediamo se la “rassegnazione” evocata il giorno delle esequie sia l’11 comandamento o una delle strade che l’animo devastato non riuscirà a percorrere.
La verità è racchiusa nell’amore e nel dolore richiamato dal giorno che morti.
Lavoriamo, studiamo, sorridiamo, parliamo di politica e sport; in vacanza godiamo delle bellezze del mondo, ma il ricordo delle persone care che abbiamo perduto è sempre li, dentro di noi: addormentato, ma vivo.
Ecco perché, a parere di chi scrive, la rassegnazione non esiste: essa è una parola buona per chi non conosce i sentimenti.
Il dolore, non ha tempo: chiedetelo a chi ha perso un figlio o a chi ogni giorno percorre i vialetti del cimitero per deporre un fiore sulla tomba dei propri cari o a chi, nel corso di quest’anno, ha potuto solo accompagnare i genitori all’ingresso degli ospedali per poi poterli semplicemente immaginare “addormentati” in uno dei tanti mezzi militari che lasciavano le nostre città perché non c’era posto nei forni crematori.
“L’amore si oppone alla morte”, scrive Tolstoj in “Guerra e pace”. Un sentimento che troviamo spesso fra queste pagine quando, scorrendo i nomi sulla pagina delle necrologie, riscopriamo volti di giovani e bambini divenuti ormai familiari: Lara, Amri, Cristina a Federica, Georg, Davide, Matteo… ci hanno lasciati, ma la morte non li ha separati da chi, un giorno, diede loro la vita.
Passano gli anni, le stagioni si rincorrono, ma quei sorrisi rimangono vivi nella ricorrenza della loro scomparsa o, più semplicemente, nel ricordo del compleanno.
Da bambino, quando frequentavo la seconda elementare, vissi il dolore di un compagno per la tragica scomparsa della madre.
Nessuno mi crederà: ma quel “bambino” anche adulto, non ha più sorriso.
Quel giorno attraverso le parole del maestro, (si chiamava Giovanni Meinardi) , conobbi due nuovi sentimenti: la partecipazione e la pietà.
La scomparsa di una persona cara sconvolge, creando soprattutto nei primi tempi, una grande solitudine.
Un mattino, mentre nel cimitero di Velate riordinavo la tomba di mio padre, una donna avvicinandomi mi chiese di scriverle due righe.
Si sentiva sola e non sapeva reagire al dolore per la scomparsa del marito.
La “rassegnazione” è una parola vuota e, per chi soffre, non esiste.
Esiste però, come scrive Tolstoj, l’amore: l’amore che si oppone alla morte.
Lo riscopriamo oggi, nella dolcezza dei primi giorni di novembre.
E’ la visione delle tombe fiorite a creare in noi la speranza di riabbracciare un giorno i nostri cari.
Fiori bianchi, rosa, rossi, azzurri e gialli dicono al cuore: «Le persone care che abbiamo perduto non sono lontano da noi… ma dentro di noi».
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