Locali chiusi da mesi: “Resistiamo, anche grazie al sostegno dei clienti”

La situazione per i live club e i luoghi di aggregazione è sempre più difficile. Abbiamo ascoltato le voci del Circolo Gagarin di Busto Arsizio e delle Cantine di Varese

Generica 2020

Il grido d’allarme è arrivato da più parti. Solo pochi giorni fa, i live club di tutta Italia hanno lanciato una campagna social in cui postavano una foto con un punto di domanda e l’hashtag #ultimoconcerto. Dalla vicina Milano arrivano notizie di locali che chiudono, mentre i lavoratori legati al mondo della musica e dell’intrattenimento sono fermi da un anno.

La pandemia sta provocando una valanga che rischia di travolgere il mondo dello spettacolo e il rischio è che porti con se conseguenze irrimediabili. E se davvero i locali chiudessero? E se non ci fossero più concerti? Solo qualche giorno fa, Varese ha ricevuto la notizia della chiusura di Twiggy. La motivazioni che hanno portato i gestori ad abbassare la saracinesca non erano legate al Covid, ma la pandemia ha certamente accelerato una decisione. Come ripartire dopo un periodo così? C’è dunque chi cerca di resistere e abbiamo raccolto le voci di alcune delle realtà culturali della provincia.

Cantine Coopuf di Varese
Le Cantine di Varese

«La situazione non è facile», spiega Stefano Morandini delle Cantine, il locale di Via De Cristoforis, 5 (sotto Twiggy), punto di riferimento culturale per la città di Varese, l’unico rimasto per le sue caratteristiche. «Andiamo avanti senza prospettive, senza piani a lungo termine, i locali sono stata abbandonati a loro stessi. In molti, questa estate hanno fatto investimenti per adeguarsi alle restrizioni ma poi hanno dovuto chiudere un’altra volta».

Cantine Coopuf di Varese
 Le Cantine di Varese

Morandini però rassicura gli affezionati: «Quello spazio tornerà ad esistere, stiamo lavorando a dei piccoli programmi che speriamo di realizzare appena si potrà, oltre a pensare ad una programmazione per il Tennis Bar di Villa Toeplitz che abbiamo ancora in gestione». Nel frattempo, per superare questo periodo, è stato aperta una raccolta fondi: «Questo per permetterci di riaprire con più tranquillità. Non nascondiamo le difficoltà economiche, siamo un’associazione, abbiamo meno risorse di un locale. La raccolta fondi può aiutarci a riaprire offrendo ai clienti dei locali all’altezza».

Chiuso al pubblico per le restrizioni, ma sempre attivo anche il Circolo Gagarin di Busto Arsizio. Lo spazio gestito dall’associazione 26×1, proprio ieri ha compiuto cinque anni, e in questi mesi di chiusura è riuscito a dare spazio ad altre sue attività, nonostante la pandemia lo abbia penalizzando.

Circolo Gagarin Busto Arsizio
Il Circolo Gagarin di Busto Arsizio 

Lo spazio è un punto di riferimento per i giovani della città, tanto che durante il primo lockdown ha aperto una raccolta fondi per chiedere sostegno ai clienti che hanno risposto in maniera positiva, sottolineando la volontà di sostenere un luogo come Gagarin.

A lungo andare questo però, potrebbe non bastare. Francesco Tosi del circolo spiega: «Siamo certamente in difficoltà, come altri luoghi di aggregazione simili al nostro. Abbiamo costi fissi ingenti, dipendenti per i quali abbiamo dovuto trovare degli ammortizzatori sociali». Lo spazio però è riuscito ha trovare altre strade: «Abbiamo lavorato sulla parte di progettazione sociale, aspetto che negli anni è stato trascurato perché eravamo focalizzati su altro. Abbiamo quindi partecipato a bandi e siamo impegnati in una serie di progetti fuori dal circolo, con altre cooperative del territorio, sul tema degli adolescenti».

Circolo Gagarin Busto Arsizio
 Il Circolo Gagarin di Busto Arsizio 

Già prima del lockdown infatti, il locale aveva aperto anche di giorno come aula studio. Questo però non significa che una volta riaperto rinuncerà all’intrattenimento serale, da sempre una delle sue attività prevalenti. La sala concerti del Gagarin, infatti, è una delle pochissime rimaste in provincia. Proprio per sottolineare quando sia importante per loro la musica, su Instagram, scrivono: “Questa lunghissima assenza di concerti ci fa capire ancora di più quanto la musica suonata rappresenti un collante sociale fondamentale e non surrogabile, e che come tale debba essere considerata, quindi valorizzata e tutelata nella sua intera filiera: artisti, agenzie, promoter, tecnici, tutti. Infine il pubblico: quando si potrà tornare a partecipare all’insostituibile rito collettivo di un concerto sarà importante riempire quelle stesse sale, magari con un po’ di curiosità in più, cercando di uscire dalle proprie comfort zone. Sarà importante farlo anche e soprattutto qui, in provincia. Ci mancano tantissimo i concerti, torneremo a organizzarli, il Gagarin è un luogo di musica e farà la sua parte”.

Nella foto c’è l’immagine in bianco e nero che sta spopolando sui social e che ritrae la frase “Mi manchi come un concerto” realizzata da Gabriele Milani (foto in apertura). Lo foto che gira sui social è stata scattata alla Rotonda d’Ardenza sul lungomare di Livorno da Francesco Luongo e rappresenta un grido di libertà, di nostalgia e la voglia di tornare alla normalità. E ai concerti.

Adelia Brigo
adelia.brigo@varesenews.it

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Pubblicato il 05 Febbraio 2021
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