Addio Lega Nord, in consiglio a Cassano entra la Lega Salvini
Si dimettono tre consiglieri eletti nel 2017, ricambio totale. Un passaggio che riflette anche divergenze sulla linea da tenere rispetto alle indagini sull'amministrazione Poliseno e gli equilibri su altre indagini

A Cassano Magnago, già feudo leghista dai tempi di Umberto Bossi, la Lega cambia volti e cambia volto. Viene sostituito l’intero gruppo consiliare e dalla Lega Nord si passa alla nuova Lega per Salvini.
Dopo le dimissioni dell’ex candidato sindaco Gianni Battistella, oggi arriva il passo indietro di Antonio Diani ed Elisa Vaser, gli altri due eletti del 2017. Un passaggio che nasce nel contesto amministrativo cassanese ma ha anche una componente politica più ampia: «Prendiamo atto delle dimissioni, prendiamo atto che non si riconoscono più nella Lega Salvini» dice Giuseppe Longhin, responsabile enti locali della Lega.
«Ho già sentito i subentranti Luca Renna, Massimo Treviso e Arduino Verzaro, che entrano come Lega Salvini» continua Longhin, che insiste sulla presenza della nuova Lega in un Comune che è stata una roccaforte leghista (anche se la Lega non è in amministrazione ormai da nove anni).
«La Lega a Cassano c’è, non c’è più la sede ma la sezione esiste. Sabato e domenica saremo presenti con il tesseramento, abbiamo fatto richiesta per un gazebo».
Il “cambio della guardia” che riguarda i tre consiglieri eletti è la sanzione anche di un passaggio politico più ampio, dice Longhin. Ma è prima di tutto un passaggio amministrativo che nasce nello specifico contesto cassanese: sullo sfondo ci sono le indagini che hanno toccato il Comune di Cassano Magnago e la partecipata SiEco e che – specie nelle prime settimane – hanno messo molto sotto pressione il sindaco Nicola Poliseno e la sua squadra.
La mancata mozione di sfiducia al sindaco Poliseno
Il centrosinistra si è mosso con una serie di interrogazioni, ma non si è arrivati ad una mossa congiunta per chiedere un passo indietro al sindaco, che poi nel giro di qualche mese ha quantomeno evitato scogli e secche e ha ripreso una navigazione più tranquilla (siamo a un anno esatto dalla scadenza del mandato).
Se Pd e lista civica di centrosinistra si erano detti pronti, alla fine era mancata la Lega. Con un conflitto più o meno sotterraneo tra il gruppo consiliare e i livelli superiori, rappresentati dal commissario locale Corrado Canziani (inviato da Gallarate e dallo stesso Longhin). Canziani e Longhin si sono rifatti al principio del garantismo.
Longhin nega comunque che ci sia stato uno stop netto ai consiglieri in carica, oggi dimissionari: «Io non ho mai detto di non presentare mozione sfiducia. Come responsabile enti locali lo ritenevo prematuro e ritenevo corretto presentare prima una interrogazione o interpellanza sulla vicenda. Una volta ascoltata la posizione del sindaco, si poteva presentare una eventuale mozione di sfiducia, se si riteneva ci fossero le basi. Se il consigliere voleva presentare la mozione lo poteva fare, ma non a nome Lega: si era dato il consiglio di sospendere.».
Garantismo politico: non toccare gli eletti prima delle condanne
In Lega Salvini viene richiamato il principio del garantismo, declinato nell’idea (allargata) che non si mette a rischio una carica politica prima che siano chiariti i termini della questione dal punto di vista giudiziario. «Gli avversari politici si sconfiggono alle urne e non nei tribunali» sintetizzava Corrado Canziani.
Il Pd cassanese – per bocca di Tommaso Police – aveva accusato la Lega di sacrificare Cassano all’altare di Gallarate: in questa logica si doveva evitare la mozione a Cassano per evitare che si riaprisse la discussione sulla vicina Gallarate, dove peraltro la posizione del sindaco Andrea Cassani è – dal punto di vista giudiziario – più avanzata di quella di Poliseno (per Cassani è stato chiesto il rinvio a giudizio nel processo Mensa dei poveri, per Poliseno siamo alle indagini)
Anche a Longhin certamente non sfugge il principio: «Quanti avvisi di garanzia arrivati non sfociano poi in condanne?» si chiede il responsabile enti locali. «Se ci si dimettesse quando c’è una indagine, oggi avremmo visto tante dimissioni, nel caso di Maroni, di Fontana o anche di Cassani». Il principio resta appunto quello del garantismo “politico”, estensione di quello giudiziario: non si toccano cariche politiche prima di una condanna.
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